Un mio autoritratto? Avrei voluto avere i capelli della venere di Botticelli, il sorriso della Gioconda, gli occhi alla Picasso, il collo alla Modigliani, i colori di Matisse, il corpo scolpito da Canova e la grazia delle muse Preraffaellite; avrei voluto essere di una bellezza fredda e smaltata alla Otto Dix per giocare una partita a scacchi con Duchamp in un bar dalla grande vetrina come quelli di Hopper. Per il futuro mi piacerebbe rimanere impressa come un’icona pop di Warhol e volare nell’altrove come gli amanti di Chagall.
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lunedì 25 maggio 2015

Opiemme. Vortex. Galassie di parole

link: http://wsimag.com/it/arte/14921-opiemme-vortex




"Un giorno troverò una parola
che penetri il tuo corpo e ti fecondi,
che si posi sul tuo seno
come una mano aperta e chiusa al tempo stesso.
Incontrerò una parola
che trattenga il tuo corpo e lo faccia girare,
che contenga il tuo corpo
e apra i tuoi occhi come un dio senza nubi
e usi la tua saliva
e ti pieghi le gambe.
Tu forse non la sentirai
o forse non la capirai.
Non è necessario.
Vagherà dentro di te come una ruota
fino a percorrerti da un estremo all’altro,
donna mia e non mia
e non si fermerà neanche quando tu morirai".
(Roberto Juarroz)

Tutto in me ruota vorticosamente: scatole e mente
(Gaetano Arcangeli)

Vortex è l'incontro con la parola, che si fa materia. Una costituzione cosmopoetica è la ricerca che porta l'artista Opiemme con il ciclo di tre mostre, la prima al Bi-Box Art Space a Biella, la seconda conclusasi recentemente negli spazi di Portanova12 a Bologna e la terza che si terrà allo Studio D'Ars a Milano il prossimo Novembre.

Vortex indaga la stretta osmosi ciclica che vi è tra uomo e cosmo, interpellando parole, poesie, pianeti, e stelle. Lo spazio della pittura diventa respiro e luce. Il lavoro trae ispirazione dal libro L'alfabeto scende dalle stelle. Sull'origine della scrittura di Giuseppe Sermonti, nel quale si sostiene che l'alfabeto non sarebbe altro che un'immagine derivata dalle forme delle costellazioni. Il linguaggio non diviene quindi che una proiezione fluttuante dell'universo. Quanta vertigine e vastità nell'ombra di questo pensiero. Lettere come petali di soffioni, vorticosamente si liberano nel dipinto murale sopra l'Autostazione di Bologna. N, S, Y, F, I, H, M, ecc...

La serie di questi lavori però sono frutto anche di un certo sentire dell'artista, di una certa poetica portata avanti soprattutto negli ultimi due anni in giro prima per tutta l'Italia con Un viaggio di pittura e poesia e poi per il mondo, come Haiti, Thailandia, Uruguay, Argentina (dove ha partecipato alla 5a Bienal del fin del mundo) e la Polonia. Proprio in Polonia, secondo il mio parere, Opiemme ha dato forma e corpo all'emblema di Vortex, tramite il dipinto murale sulla parete di dieci piani per il Monumental Art a Gdansk dedicato a una donna che ha fatto della poesia uno struggente acuto lucido sentire, la poetessa Wislawa Szymborska, premio Nobel nel 1996. Da Sotto una piccola stella: "Verità, non prestarmi troppa attenzione / Serietà, sii magnanima con me".

Come elementi irridescenti le lettere fluttuano e piovono da un gigantesco pianeta-buco nero. L'infinito poetare si ibrida all'oscuro mistero del cosmo. Una profonda introspezione genera l'abisso della parola. Una colata arcobaleno sovrasta e si frammenta in lingue di colore geometrico. Tutto è soppesato da forze contrastanti, sempre nei lavori di Opiemme. Dicotomico e calibrato, anche nel primo testo critico Daniele Decia descrive Vortex come una ricerca tra astrattismo e la parola, di "lettere informali", tra informale e poesia visiva. Lettere genitrici e fecondanti aggiungo io. Lettere atomi, lettere attimi.

Nei lavori esposti a Bologna, si può appunto constatare questo dualismo tra la tecnica dello stencil più rigoroso e uniforme in un teso e delicato confronto con il dripping multiforme e multicolorato, imprevedibile e casuale. L'astrofisico inglese Martin Rees scriveva: "Il Sole e il firmamento fanno parte del nostro ambiente - il nostro habitat cosmico: una percezione che gli scienziati condividono con poeti e mistici. "Io sono parte del Sole, micosi come il mio occhio è parte di me" scriveva D.H. Lawrence, e Van Gogh dipinse la Notte Stellata con lo stesso spirito con cui dipingeva i campi di grano e i girasoli. L'arte e la letteratura abbondano di simili esempi. La scienza rende più profondo questo senso di appartenenza a ciò che non è terrestre. Noi stessi, d'altronde, siamo a metà strada tra l'universo è il microcosmo: per mettere insieme la massa del Sole ci vogliono tanti corpi umani quanti sono gli atomi in ciascuno di noi. E la nostra esistenza dipende, certo, dalla tendenza degli atomi ad attaccarsi gli uni agli altri e unirsi in quelle molecole complesse che formano tutti i tessuti viventi, ma l'ossigeno e il carbonio dei nostri corpi sono stati creati, a loro volta, entro stelle lontane, vissute e morte miliardi di anni fa". Questi pianeti tatuati di lettere e parole diventano pelli intergalattiche.

Il poeta della streetart, come da molti definito, ha attinto da penne fiere e storiche, come Gaetano Arcangeli, Roberto Roversi, Lucio Dalla, Edgar Allan Poe, Eugenio Montale trasformando i versi in colate opulescenti di lettere che prima di farsi immagine, sono per me materia evanescente e nebulosa. Le parole sono decostruite per piovere a uno stato disgregato e gassoso, libero e caotico. Ho trovato come perfetto supporti alla polvere poetica, le cartine geografiche e le anziane pagine di alcuni Resto del Carlino. In questi lavori le lettere e i pianeti sono più decisi, grafici, autonomi, ma pur conservando una loro autonomia, riescono a interagire in punta di piedi con le realtà loro sottostanti. Gli spazi sono lattiginosi dripping che donano la completa percezione della consistenza Lattea, puntiforme e infinita.

Le galassie di parole si intersecano come precipitazioni meteorologiche su strati di memoria, di notizie e di luoghi, di geografie che ormai sono divenute orizzonti nelle mente dell'osservatore. Pulviscolare e centrifugo l'atto pittorico di Opiemme, cerca di ricondurci all'origine, al caos dell'inizio, al chiasmo organico della materia, all'inizio del linguaggio. Nell'ancestralità della costituzione riesce nei propri equilibri visivi a unire micro e macro. Una pittura che nel silenzio dell'universo è onomatopeica e altisonante. Declamatoria. I suoi lavori tendono a essere appelli, nell'urgenza e brevità di un verso notturno che si fa lampo di memoria e visione.

Tutto è pronto: la valigia,
le camicie, le mappe, la fatua speranza.
/
Mi spolvero le palpebre.
Ho messo all'occhiello
la rosa dei venti.
/
Tutto è pronto: il mare, l'atlante, l'aria.
/
Mi manca solo il quando, il dove,
un diario di bordo, le carte
di navigazione, venti a favore,
il coraggio e qualcuno che mi ami
come non so amarmi io.
/
La nave che non c'è, le mani attonite,
lo sguardo intento, le imboscate,
il filo ombelicale dell'orizzonte
che sottolinea questi versi sospesi…
/
Tutto è pronto. Sul serio. Invano.
(Juan Vicente Piqueras, Voglia di restare)

Federica Fiumelli








giovedì 27 giugno 2013

Opiemme. "Parole di carta" @Spazio Elastico

Ecco il mio ultimo articolo sul Wall Street International Magazine.

link: http://www.wsimagazine.com/it/diaries/report/arte/opiemme-parole-di-carta_20130627121126.html#.Ucx9qjs9OSq

Enjoy!

:)


REPORT - Italy, Arte

Opiemme, parole di carta

Una cascata di lettere.

Opiemme, parole di carta
Il tempo della poesia è il tempo della speranza.
Il poeta vede quello che il filosofo pensa.
Ogni difesa della poesia è una difesa della follia.
Scrivo per irritare Dio e per far ridere la Morte. Scrivo perché non ci arrivo. Scrivo perché voglio che ogni donna del mondo s’innamori di me. Ma alla fine tutto si riduce al fatto che scrivo perché scrivo.(Charles Simić, Il Mostro Ama il suo Labirinto)
La poesia, le parole prendono forma nel lavoro dell’artista torinese Opiemme. Nato come street artist i suoi interventi hanno mirato da sempre a svecchiare la comunicazione e a far avvicinare il mondo poetico al quotidiano; basta ricordare le panchine poetiche ricoperte di parole o le fermate dell’autobus.

La mostra curata da Antonio Storelli negli spazi di Elastico Studio nel cuore di Bologna ci offre un nocciolo privato del lavoro dell’artista, come entrare nel cuore del suo modus operandi. Tele con dripping con le parole liriche di Yeats, Pascoli e Ungaretti, stampe digitali e stencil, una coralità di supporti e tecniche volte a evidenziare le differenti modalità d’espressione dell’artista. L’intervento site specific che occupa le tre pareti della stanza di Elastico Studio è una splendida installazione di parole, di versi, di concetti in libertà che corrono nel campo di grano arioso della nostra mente. Le parole ci colpiscono e rivivono negli occhi dell’osservatore. Quotidiani, scotch, parole intagliate e colorate, un collage di titoli di politica nazionale dell’ultimo mese, e sopra un tratto distintivo rosso-fucsia, bla bla bla.

Parole, parole, parole, le promesse dei politici, la corruzione, la cronaca. Uccelli ricamati di c come cielo, un becco che sembra una chiave d’accesso a qualche porta celeste, e poi una tempesta, un mare di parole, un naufragio di: mare, bianco, isola, acqua, occhi, pensa, oscura, vela, barca. E poi si sta come d’autunno sugli alberi le foglie, ecco la celebre frase ungarettiana srotolarsi su colore gocciolante, andando a formare appunto esili rami liberi.

Una cascata di lettere compongono il profilo oscuro di un volatile su un albero, la notte ha inglobato il tutto, e le v, t, r, c, h diventano una cascata di brividi tattili. E poi coltelli di parole, fucsia, dagli echi pop warholiani, il colore si dissolve per far posto a lembi di parole, parole, e ancora parole. I muri vestiti per il site specific rimbombano come suoni sordi, spari nella coscienza, il noumeno diventa fenomeno, la parola vanitosa si veste di spessore bidimensionale e acquista forma nello spazio, si fa bella, si trucca di colore per risplendere nell’attenzione di chi osserva, la parola poetica non si fa Giuditta nei confronti dei miscredenti del linguaggio, per tutti quelli che non capiscono che le parole sono un tesoro prezioso che il linguaggio dev’essere custodito e curato come un giardino segreto, e poi liberato per farlo volare in alto, là tra i pensieri che costellano il cielo, aggrappati alle stelle.

L’esperienza è più della teoria, the party is over, Welcome to Italy dove non c’è lavoro, razzismo bianco lavoro nero, pagine di storia politica con la scritta censored, mi illumino di niente, essere non avere radici, sognare, con la cultura non si mangia senza cultura si banchetta, rise up, peace; e poi fulcro dell’installazione site specific il contributo del poeta bolognese del Novecento Gaetano Arcangeli, una spirale di parole che recita così: Tutto in me cura vorticosamente scatole e mente. 

Parole di carta quindi, una dicotomia di forze, la potenza della parole e la fragilità della carta si incontrano per dare vita a concetti, pensieri poetici, perché la poesia ci deve risvegliare l’anima e le parole devono vestirci di nuove idee e riflessioni, devono ornare il nostro pensiero e il linguaggio deve prenderci per mano, rassicurandoci.

Le parole di Opiemme sono tutte le strade del mondo, sono sentieri dai voli pindarici, sono crucivie di lettere, sono libri poetici tappezzanti il cielo, paracaduti aperti in caduta libera, ispirazioni ricamate nell’ovunque.
Pubblicato: Giovedì, 27 Giugno 2013
Autore: Federica Fiumelli

Ecco un pò di foto: