Gelateria Sogni Di Ghiaccio
 ha già nel nome un sano gene per essere considerata un’opera d’arte a 
se stante. Dietro la denominazione si cela però la volontà di 
progettualità e ricerca dei due giovani direttori artistici, Filippo Marzocchi e Mattia Pajè, entrambi diplomati all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Un piccolo spazio no profit, volto alla condivisione e alla sperimentazione dei vari linguaggi cross
 disciplinari che vivono e si compenetrano nel vasto panorama 
contemporaneo. Nel cuore storico di Bologna un luogo dove dare spazio 
all’incontro e all’interscambio tra giovani artisti emergenti, critici, 
curatori, studenti, appassionati o semplici curiosi.
Consigli per la fruizione: da tenere mente e cuore al fresco.
Come nasce Gelateria Sogni Di Ghiaccio?
 So che dietro il nome c’è una precisa storia, fruibile sul sito. In più
 potreste farci una breve presentazione di chi siete e di come siete 
arrivati, da giovani artisti, a occuparvi anche di direzione artistica?
Gelateria Sogni Di Ghiaccio è un 
contenitore, nasce dalla volontà di contribuire attivamente alla 
creazione di momenti espositivi e creativi nell’ambito dell’arte 
contemporanea, dalla volontà di supportare il lavoro di artisti attivi e
 dalla necessità di costruire un luogo dove lavorare e archiviare le 
nostre ricerche personali.
Il nome Gelateria Sogni Di Ghiaccio è 
già un’operazione artistica: quando abbiamo mostrato lo spazio, ancora 
in fase di costruzione, a Roberto Fassone, ci ha proposto di donare 
un’opera per la nostra neonata collezione, che consisteva nel battezzare
 il luogo con un nome scelto da lui, sul quale noi non avremmo avuto 
nessuna possibilità di modifica. La proposta era così intrigante che 
abbiamo accettato e in effetti siamo stati fortunati: il lavoro di 
Roberto ci piace molto.
Gelateria Sogni Di Ghiaccio è animata da
 tre giovani artisti: Marco Casella, Filippo Marzocchi e Mattia Pajè, 
che condividono lo spazio di lavoro quotidianamente. Marzocchi e Pajè (i
 sottoscritti) gestiscono anche la direzione artistica e si occupano 
della programmazione e dell’organizzazione dei momenti espositivi nello 
spazio.
Ci sono diversi fattori che ci hanno portato ad interessarci ad una forma di direzione artistica:
Sicuramente il primo è stato il nostro 
desiderio di vedere da vicino e fruire il lavoro di determinati artisti,
 soprattutto giovani, che ci piacciono e che passano raramente a 
Bologna. Fino a poco fa esistevano pochissime realtà in città che 
lavoravano con i giovani, e anziché lamentarci della situazione abbiamo 
provato a dare vita ad una proposta.
Altro fattore è la considerazione 
dell’opera d’arte come qualcosa di estremamente fluido e non attribuito 
ad un’unica autorialità. Abbiamo notato che volevamo renderci mezzi 
attivi per la produzione di arte contemporanea, provando a sfondare i 
limiti del nostro produrre soggettivo e personale. Ponendo come 
obiettivo ultimo la produzione di un’opera d’arte e non l’esaltazione di
 una personalità artistica, abbiamo deciso di dedicare le nostre forze 
ed il nostro tempo per cercare di rendere possibile e di far esistere le
 opere di altri artisti, senza porre nessun vincolo personale alle 
scelte di produzione. Dopo i primi esperimenti in spazi non deputati (ad
 esempio la mostra Atomic Blondie, Festival della Divina Casa 
di g.olmo stuppia, tenutasi in un appartamento privato), abbiamo deciso 
di aprire uno spazio che potesse accogliere al meglio questo modo di 
agire.
Estendendo la nostra personale pratica 
artistica a comprendere attività di gestione e di organizzazione abbiamo
 inoltre realizzato quanto questa estensione faccia parte del nostro 
lavoro in maniera indissolubile.
Consideriamo GSG come un ampliamento del
 nostro modo di operare nell’arte, e come uno dei progetti più 
importanti del nostro lavoro.
Uno spazio indipendente che 
vuole dedicarsi specialmente alla sperimentazione e all’ibridazione di 
differenti linguaggi, è oggi più che mai una vera scommessa, e osiamo 
dire un atto di coraggio, avete avuto dei modelli ai quali vi siete 
ispirati o che ammirate? Anche esteri?
Partiamo dal presupposto che noi abbiamo
 sempre vissuto gli spazi d’arte come agenti temporanei, che agiscono e 
se ne vanno; da artisti ci preoccupiamo molto dello spazio che andrà ad 
accogliere le nostre operazioni, tanto da inglobarlo spesso nella stessa
 progettualità dell’opera che andrà ad ospitare. Quello a cui abbiamo 
mirato è la costruzione di uno spazio che sia adatto e adattabile a 
qualsiasi operazione in esso venga effettuata, che sia caratterizzato il
 meno possibile e che sia pulito (questa è una delle modalità in cui ci 
troviamo bene in un luogo), in primo luogo per lavorarci dentro ed in un
 secondo momento per ospitare il lavoro di altri artisti.
Prima di aprire GSG abbiamo seguito per 
sei mesi la direzione artistica di un altro spazio no profit a Bologna, 
LOCALEDUE, esperienza che ci ha formato notevolmente da tutti i punti di
 vista.
Se dovessimo individuare un modello che 
ammiriamo diremmo assolutamente quello di LOCALEDUE, dove la volontà, la
 carica, la professionalità e il divertimento si uniscono per diventare 
attività. Stimiamo molto il lavoro di Fabio Farnè e Gabriele Tosi, che 
hanno dato vita a una delle nostre realtà preferite, un punto di 
riferimento per la sperimentazione e la ricerca a Bologna.
Siamo inoltre molto interessati alle 
differenti modalità di operare che assumono i diversi artist run spaces 
in Italia e all’estero e quegli spazi ibridi che rimangono legati ai 
territori, agendo senza porre vincoli agli artisti invitati.
Il punto di partenza che abbiamo 
adottato è quello di costruire dei momenti in cui singoli artisti si 
confrontano con lo spazio dedicato all’esposizione, lasciando la totale 
libertà agli artisti stessi di gestire la situazione espositiva come 
preferiscono, supportando e aiutando la realizzazione del lavoro senza 
mai vincolarlo concettualmente.
Da artisti cerchiamo di rimanere tali e 
non calarci in altri ruoli, ci limitiamo a invitare artisti o curatori 
nel nostro spazio e offriamo loro aiuto per realizzare un progetto.
Per noi aprire uno spazio è una piccola 
realizzazione; più che di coraggio lo definirei un atto di volontà. La 
volontà è il motore del nostro lavoro.
Come si rapporta “Gelateria Sogni di Ghiaccio” rispetto alla città di Bologna, che come sappiamo, ha un preciso background culturale?
Bologna ha sempre portato con sé la sua 
storia, è stata una delle città più attive nell’ambito culturale 
italiano, dai movimenti politici alle più varie sperimentazioni nel 
teatro, nella musica, nell’arte e nella cultura underground.
Qualche tempo fa avevamo notato che, 
seppur nelle vene della città scorreva ancora sangue creativo, non 
esistevano molte proposte riguardanti i recenti sviluppi delle arti 
contemporanee né abbastanza situazioni che potessero offrire occasioni 
di sperimentazione ai giovani operatori del settore.
Questa situazione rendeva il territorio 
bolognese piuttosto fertile per la nostra idea di spazio e abbiamo 
deciso di stabilirci, almeno temporaneamente, per dedicarci a questo 
progetto.
Crediamo molto nelle potenzialità della 
città e negli artisti che la abitano e ci lavorano; sia da artisti che 
da direttori artistici cerchiamo di contribuire per alimentare la 
proposta culturale, le collaborazioni, lo scambio e la sperimentazione 
in libertà.
Che domanda vorreste che vi facessi?
Vorremmo che ci chiedessi come poter collaborare.
Intervista a cura di Federica Fiumelli per FormeUniche




 






































