Un mio autoritratto? Avrei voluto avere i capelli della venere di Botticelli, il sorriso della Gioconda, gli occhi alla Picasso, il collo alla Modigliani, i colori di Matisse, il corpo scolpito da Canova e la grazia delle muse Preraffaellite; avrei voluto essere di una bellezza fredda e smaltata alla Otto Dix per giocare una partita a scacchi con Duchamp in un bar dalla grande vetrina come quelli di Hopper. Per il futuro mi piacerebbe rimanere impressa come un’icona pop di Warhol e volare nell’altrove come gli amanti di Chagall.

martedì 6 dicembre 2016

Intervista con i fondatori di Gelateria Sogni Di Ghiaccio, #Bologna






Gelateria Sogni Di Ghiaccio ha già nel nome un sano gene per essere considerata un’opera d’arte a se stante. Dietro la denominazione si cela però la volontà di progettualità e ricerca dei due giovani direttori artistici, Filippo Marzocchi e Mattia Pajè, entrambi diplomati all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Un piccolo spazio no profit, volto alla condivisione e alla sperimentazione dei vari linguaggi cross disciplinari che vivono e si compenetrano nel vasto panorama contemporaneo. Nel cuore storico di Bologna un luogo dove dare spazio all’incontro e all’interscambio tra giovani artisti emergenti, critici, curatori, studenti, appassionati o semplici curiosi.
Consigli per la fruizione: da tenere mente e cuore al fresco.


Come nasce Gelateria Sogni Di Ghiaccio? So che dietro il nome c’è una precisa storia, fruibile sul sito. In più potreste farci una breve presentazione di chi siete e di come siete arrivati, da giovani artisti, a occuparvi anche di direzione artistica?
 
Gelateria Sogni Di Ghiaccio è un contenitore, nasce dalla volontà di contribuire attivamente alla creazione di momenti espositivi e creativi nell’ambito dell’arte contemporanea, dalla volontà di supportare il lavoro di artisti attivi e dalla necessità di costruire un luogo dove lavorare e archiviare le nostre ricerche personali.
Il nome Gelateria Sogni Di Ghiaccio è già un’operazione artistica: quando abbiamo mostrato lo spazio, ancora in fase di costruzione, a Roberto Fassone, ci ha proposto di donare un’opera per la nostra neonata collezione, che consisteva nel battezzare il luogo con un nome scelto da lui, sul quale noi non avremmo avuto nessuna possibilità di modifica. La proposta era così intrigante che abbiamo accettato e in effetti siamo stati fortunati: il lavoro di Roberto ci piace molto.
Gelateria Sogni Di Ghiaccio è animata da tre giovani artisti: Marco Casella, Filippo Marzocchi e Mattia Pajè, che condividono lo spazio di lavoro quotidianamente. Marzocchi e Pajè (i sottoscritti) gestiscono anche la direzione artistica e si occupano della programmazione e dell’organizzazione dei momenti espositivi nello spazio.
Ci sono diversi fattori che ci hanno portato ad interessarci ad una forma di direzione artistica:
Sicuramente il primo è stato il nostro desiderio di vedere da vicino e fruire il lavoro di determinati artisti, soprattutto giovani, che ci piacciono e che passano raramente a Bologna. Fino a poco fa esistevano pochissime realtà in città che lavoravano con i giovani, e anziché lamentarci della situazione abbiamo provato a dare vita ad una proposta.
Altro fattore è la considerazione dell’opera d’arte come qualcosa di estremamente fluido e non attribuito ad un’unica autorialità. Abbiamo notato che volevamo renderci mezzi attivi per la produzione di arte contemporanea, provando a sfondare i limiti del nostro produrre soggettivo e personale. Ponendo come obiettivo ultimo la produzione di un’opera d’arte e non l’esaltazione di una personalità artistica, abbiamo deciso di dedicare le nostre forze ed il nostro tempo per cercare di rendere possibile e di far esistere le opere di altri artisti, senza porre nessun vincolo personale alle scelte di produzione. Dopo i primi esperimenti in spazi non deputati (ad esempio la mostra Atomic Blondie, Festival della Divina Casa di g.olmo stuppia, tenutasi in un appartamento privato), abbiamo deciso di aprire uno spazio che potesse accogliere al meglio questo modo di agire.
Estendendo la nostra personale pratica artistica a comprendere attività di gestione e di organizzazione abbiamo inoltre realizzato quanto questa estensione faccia parte del nostro lavoro in maniera indissolubile.
Consideriamo GSG come un ampliamento del nostro modo di operare nell’arte, e come uno dei progetti più importanti del nostro lavoro.

Uno spazio indipendente che vuole dedicarsi specialmente alla sperimentazione e all’ibridazione di differenti linguaggi, è oggi più che mai una vera scommessa, e osiamo dire un atto di coraggio, avete avuto dei modelli ai quali vi siete ispirati o che ammirate? Anche esteri?

Partiamo dal presupposto che noi abbiamo sempre vissuto gli spazi d’arte come agenti temporanei, che agiscono e se ne vanno; da artisti ci preoccupiamo molto dello spazio che andrà ad accogliere le nostre operazioni, tanto da inglobarlo spesso nella stessa progettualità dell’opera che andrà ad ospitare. Quello a cui abbiamo mirato è la costruzione di uno spazio che sia adatto e adattabile a qualsiasi operazione in esso venga effettuata, che sia caratterizzato il meno possibile e che sia pulito (questa è una delle modalità in cui ci troviamo bene in un luogo), in primo luogo per lavorarci dentro ed in un secondo momento per ospitare il lavoro di altri artisti.
Prima di aprire GSG abbiamo seguito per sei mesi la direzione artistica di un altro spazio no profit a Bologna, LOCALEDUE, esperienza che ci ha formato notevolmente da tutti i punti di vista.
Se dovessimo individuare un modello che ammiriamo diremmo assolutamente quello di LOCALEDUE, dove la volontà, la carica, la professionalità e il divertimento si uniscono per diventare attività. Stimiamo molto il lavoro di Fabio Farnè e Gabriele Tosi, che hanno dato vita a una delle nostre realtà preferite, un punto di riferimento per la sperimentazione e la ricerca a Bologna.
Siamo inoltre molto interessati alle differenti modalità di operare che assumono i diversi artist run spaces in Italia e all’estero e quegli spazi ibridi che rimangono legati ai territori, agendo senza porre vincoli agli artisti invitati.
Il punto di partenza che abbiamo adottato è quello di costruire dei momenti in cui singoli artisti si confrontano con lo spazio dedicato all’esposizione, lasciando la totale libertà agli artisti stessi di gestire la situazione espositiva come preferiscono, supportando e aiutando la realizzazione del lavoro senza mai vincolarlo concettualmente.
Da artisti cerchiamo di rimanere tali e non calarci in altri ruoli, ci limitiamo a invitare artisti o curatori nel nostro spazio e offriamo loro aiuto per realizzare un progetto.
Per noi aprire uno spazio è una piccola realizzazione; più che di coraggio lo definirei un atto di volontà. La volontà è il motore del nostro lavoro.

Come si rapporta “Gelateria Sogni di Ghiaccio” rispetto alla città di Bologna, che come sappiamo, ha un preciso background culturale?

Bologna ha sempre portato con sé la sua storia, è stata una delle città più attive nell’ambito culturale italiano, dai movimenti politici alle più varie sperimentazioni nel teatro, nella musica, nell’arte e nella cultura underground.
Qualche tempo fa avevamo notato che, seppur nelle vene della città scorreva ancora sangue creativo, non esistevano molte proposte riguardanti i recenti sviluppi delle arti contemporanee né abbastanza situazioni che potessero offrire occasioni di sperimentazione ai giovani operatori del settore.
Questa situazione rendeva il territorio bolognese piuttosto fertile per la nostra idea di spazio e abbiamo deciso di stabilirci, almeno temporaneamente, per dedicarci a questo progetto.
Crediamo molto nelle potenzialità della città e negli artisti che la abitano e ci lavorano; sia da artisti che da direttori artistici cerchiamo di contribuire per alimentare la proposta culturale, le collaborazioni, lo scambio e la sperimentazione in libertà.

Che domanda vorreste che vi facessi?
Vorremmo che ci chiedessi come poter collaborare.



Intervista a cura di Federica Fiumelli per FormeUniche







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