Il mio corpo è anche il corpo di
Violette. L’odore di Violette è come la mia seconda pelle. Il mio corpo è
anche il corpo di papà, il corpo di Dodo, il corpo di Manès […] Il
nostro corpo è anche il corpo degli altri.
Daniel Pennac, Storia di un corpo
Parlare del lavoro di Daniela Olivieri in arte Sissi,
significa parlare del nostro corpo attraverso il corpo dell’artista. La
ricerca di Sissi, così viscerale, volta da sempre a indagare gli
aspetti emotivi e identitari, fanno dell’artista un’archeologa,
un’anatomista ma prima di tutto una persona appassionata alla
costituzione infinitesimale dell’essere umano e delle cose.
La creazione per
Sissi è architettura, è necessario scovare una struttura, un sistema,
che sia esso nervoso od osseo, che sia trama e ordito, occorre trovare e
incontrare qualcosa che sostenga e dia forma a un divenire.
“Il linguaggio è una
pelle: io sfrego il mio linguaggio contro l’altro. È come se avessi
delle parole a mo di dita, o delle dita sulla punta delle mie parole”. Questo scriveva Roland Barthes in Frammenti di un discorso amoroso.
E il linguaggio artistico di Sissi, che comprende le più svariate
tecniche, dal disegno, all’installazione, alla tessitura, al libro
d’artista, alla performance, alla fotografia, alla scultura, è un
linguaggio che diviene pelle, profondamente superficiale, dicotomico, in
grado di rivelare e rilevare ogni vibrazione tellurica organica e
psico-emotiva. Vibrazioni che in punta di dita si trasformano e si
compiono nel gesto dell’artista, in questa mostra ad esempio, una grande
installazione scultorea, tentacolare ci accoglie.
In Motivi Ossei, ospitata alla G.A.M. Galleria d’Arte Maggiore di Bologna a cura di Maura Pozzati, il paesaggio di germinazioni ossee è composto dal servizio di piatti (ossei) del banchetto dell’ultima performance L’imbandita
tenutasi presso il suggestivo oratorio di San Filippo Neri e da opere
appositamente realizzate presso la storica Bottega Gatti di Faenza. Ci
troviamo dinanzi a ossa che divengono stucchi settecenteschi, dove il
servizio di piatti in ceramica – come sottolinea bene Maura Pozzati nel
delizioso catalogo – smette di essere solo contenitore di cibo per
assumere le sembianze di un paesaggio naturalistico tardo barocco. Il
riferimento e l’ispirazione tratti dalla visione della Cripta dei
Cappuccini di Roma, è forte ed evocativo. Le sculture in ceramica sono
autentiche e originarie pulsazioni, la materia vibra sotto i nostri
occhi, così candida e tormentata, nei tornanti della forma trasuda con
quanto ardore e minuzia il corpo dell’artista abbia fecondato l’opera,
l’abbia abbracciata, schiaffeggiata, palpeggiata, resa respiro e
movimento. Come una sinfonia, una danza, una materia da masticare e
inglobare. Sissi seduce attraverso la sua manualità e si
distingue per sensibilità in un panorama contemporaneo spesso puntellato
di anonimia e distacco. L’immaginario di Sissi è un
meraviglioso ibrido tra rigore scientifico e un’immaginazione feconda
quasi dannunziana, carroliana, barocca e fantastica, che trova
attraverso il piacere, e i sensi, la più alta forma di espressione.
Basta pensare ai primi lavori con gli abiti, alle lezioni nei teatri
anatomici facenti parti di un progetto plurimo e ambizioso come quello
di Anatomia Parallela per comprendere quanto il corpo sia luogo
di scambio e di passaggio, un oggetto mitico e rituale attraverso il
quale l’esterno e l’interno sono in continuo dialogo osmotico.
Superficie e viscere in un solo tango.
La ricerca di Sissi, chiede tempo al tempo, lo sottrae e lo dilata. Le ore passare nei vari studi e atelier è quasi palpabile, tattile e lo si capisce e lo si comprende dalla cura che l’artista rivolge a ogni aspetto della creazione.
A sostegno del dinamismo espressivo dell’artista, in mostra si trovano anche i disegni dal virtuosismo pulsionale, Motivi ossei e Nodo Osseo,
nei quali il segno diviene struttura portante di un’interazione sospesa
tra lo scientifico e il fantastico, appunto. Nel menù dell’imbandita,
la gastronomia barocca, decorativa e opulenta, proposta, si palesa negli
eccessi e nella follia di confessioni trasparenti in gelatina.
Il cibo lussureggiante e
beffardo, volto a deliziare e soddisfare, a divenire godimento
estetico, sia visivo, olfattivo che gustativo, pronto a entrare in corpi
sognanti e affamati fa dell’artista una regista famelica e bizzarra in
grado di farci condividere sensazioni reali, di connetterci in un gesto
antico, laddove oggi, in una realtà sempre più orientata a piaceri
inconsistenti, virtuali ed effimeri tutto ciò sembra distante.
Delle performance gastronomiche rimangono anche scatti notevoli (Cene, Aiuola delle delizie),
nature morte iperrealiste nelle quali forme, colori, odori e sapori si
sovrappongono orgiasticamente e dionisicamente, i quali vengono resi
eterni e attraenti, le tavole imbandite distillate in due dimensioni,
quelle della superficie fotografica ci proiettano in una fantasia
dilatata, eccentrica, fascinosa, malinconicamente decadente, provocante,
trasbordante, assordante, ridondante, appartenente a un qui, lontano, a
un accadimento consumato in punta di dita.
Così riesco a vedere, e a
percepire, l’arte di Sissi, della quale ho potuto apprendere durante i
miei anni di studio in Accademia avendola avuta come insegnante, come
un’arte in punta di dita, che vibra, che pulsa tra interno ed esterno
attraverso un corpo immerso nel più microscopico e incandescente
granello di vita.
Federica Fiumelli
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