Un mio autoritratto? Avrei voluto avere i capelli della venere di Botticelli, il sorriso della Gioconda, gli occhi alla Picasso, il collo alla Modigliani, i colori di Matisse, il corpo scolpito da Canova e la grazia delle muse Preraffaellite; avrei voluto essere di una bellezza fredda e smaltata alla Otto Dix per giocare una partita a scacchi con Duchamp in un bar dalla grande vetrina come quelli di Hopper. Per il futuro mi piacerebbe rimanere impressa come un’icona pop di Warhol e volare nell’altrove come gli amanti di Chagall.

martedì 17 gennaio 2017

Richard Nonas. RIVER-RUN

link: http://julietartmagazine.com/it/events/richard-nonas-river-run/




La galleria P420 di Bologna, ospita per la chiusura di questo 2016 la personale dell’artista americano Richard Nonas, classe 1936, dal titolo RIVER-RUN. Richard Nonas ha lavorato come antropologo per una decina di anni studiando sul campo gli Indiani d’America nel Nord Ontario, Canada e continuando la sua pratica etnografica in Messico e in Arizona. A metà degli anni ’60, all’età di 30 anni, ha deciso di dedicarsi alla scultura. La sua esperienza da antropologo ha profondamente influenzato la sua pratica artistica e il suo impegno nel sentire e percepire lo spazio. Attraverso un vocabolario minimalista Nonas ha sviluppato un corpo di lavoro che ha indagato il tema del luogo. Nonas ha esposto in numerosi musei, istituzioni e gallerie in tutto il mondo realizzando installazioni di diverse dimensioni sia da interno che da esterno come le installazioni permanenti nel villaggio abbandonato di Vière et les Moyennes Montagnes,Digne-les-Bains, Francia (2012) e alla Fondazione Ratti (2003-2011).

Un intraducibile istantaneo accadere come suprema sintesi dell’esistenza, quando la parola non basta, allora la forma connette e condivide atmosfere, idee, memorie e sensazioni in un confluire inarrestabile che trae le proprie radici nel dubbio. La scultura compie un gesto antico, primordiale, ragionato e sentito, avvertito, si pone ancestralmente all’inizio di un tutto pronto ogni volta a cessare, per ripetersi, differentemente. Da capo. Se è vero che il minimalismo e l’antropologia hanno regalato gli strumenti della poiesis, è anche vero che Nonas ha saputo disfarsi di correnti, scuole, etichette, conclusioni o appartenenze per librarsi leggero all’originarietà dell’esperienza. Per spogliarsi ogni volta di risposte. Contemporaneamente affermazione e negazione, l’arte di Nonas, ci proietta, ci getta nel dubbio, senza proteggercene. Il dubbio si innesta viralmente nell’occhio di colui che osserva, che come un amante in caduta libera, con la potenza di un fiume in corsa, si ritrova a confrontarsi con l’ambuguità del coito, dell’esperire, dell’accadere, del fluire.

L’arte di Nonas è costruita abilmente da forme e materiali semplici (legno, ferro, pietre) che at-traggono in inganno, la semplicità non è che la componente erotica, seduttiva, che conduce invece ad una più profonda lettura umana, ad una più profonda analisi, ad un più profondo intercalare e declinare l’esperire; perché come sosteneva anche Jung non esiste nulla di più complesso della semplicità. La scultura si fa grammatica di una letteratura intraducibile del visibile ma soprattutto del non visibile. Le forme divengono così punteggiatura, imbevute, tra numerose correnti libere di possibilità, dando ritmo all’essenza così dannatamente sfuggevole e mutevole. E allora spazio all’ambiguità, che viene misurata e resa lirica, per compiersi e fondersi nello scambio osmotico tra arte e vita in luoghi pieni di umana significanza, come racconta lo stesso artista, dal forte impatto emotivo, che urlano di un silenzio profondo, e ci portano nell’abisso della dicotomia dell’essere.

RIVER-RUN è il flusso inarrestabile, il progredire ciclico della vita, l’essere e il cessare, una forza dicotomica indomabile che fluisce nell’incontro tra arte e vita. Dal riferimento colto, preso da un celebre testo di Joyce, RIVER-RUN diviene il senso più intimo e più intraducibile dell’esposizione e della poetica dell’artista, un divenire mutevole che ricorda il panta rei di Eraclito. Nonas differenzia il concetto di spazio da quello di luogo, se il primo viene inteso come proprietà fisica di pura misurazione, il secondo, pieno di significato umano, crea legami e situazioni, connette l’uno all’altro in un antico algoritmo, i places di Nonas sono infatti luoghi di forte impatto emotivo, dove la condivisione e la forza di evocazione sono all’origine del tutto.

RIVER-RUN interpreta la forza dei places, portando con sé molteplici visioni possibili di guardare e osservare il mondo, dove il dubbio e l’ambiguità trovano corpo in materiali crudi, grezzi, pesanti, industriali o naturali, mantenendo forme semplici, e ordinarie.

RIVER-RUN vuole essere un punto privilegiato d’osservazione, tramite il quale la scultura si fa mero strumento critico, dove l’interrogarsi diviene una corsa, un fluire inarrestabile.

La scultura, come ha scritto l’artista in uno dei suoi numerosi scritti, non è che il cuore dell’arte e queste sue affermazioni lo dimostrano: “Sculpture is the place where place is only barely possible. Is it the place where we begin to meet the meaning of culture. (…) Sculpture is that just unreacheable place. Sculpture is the object mark of paradox in our spatial – and special – being.
(…) Sculpture is absence acknowledged through placeness, then re-objectified. Sculpture is the solidified presence of absence, here and now. Sculpture is the hard heart of art. – And that’s quite enough for me.”

Nonas ci lascia attraverso le sue parole un erudito testamento della sua poetica, rientrando così in quella categoria di artisti dalla penna nobile, dal pensiero tagliente, agitatore del dubbio, sia nel silenzio della carta, che nell’immensità della forma, celebrata da un gesto aperto alla pluralità del tempo.

Federica Fiumelli 









 

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