Un mio autoritratto? Avrei voluto avere i capelli della venere di Botticelli, il sorriso della Gioconda, gli occhi alla Picasso, il collo alla Modigliani, i colori di Matisse, il corpo scolpito da Canova e la grazia delle muse Preraffaellite; avrei voluto essere di una bellezza fredda e smaltata alla Otto Dix per giocare una partita a scacchi con Duchamp in un bar dalla grande vetrina come quelli di Hopper. Per il futuro mi piacerebbe rimanere impressa come un’icona pop di Warhol e volare nell’altrove come gli amanti di Chagall.

mercoledì 21 marzo 2012

Viaggio a teatro da sola.

In genere le prime volte non si dimenticano mai. Credo sia vero. Provi nuove emozioni e il nuovo entra a far parte della tua realtà. Le mie prime volte a teatro completamente sola le voglio fissare su carta. Magari un giorno mi faranno sorridere. E' già magica la biglietteria del teatro. Sei in fila, attendi il turno ed ecco tocca a te. Scegli il posto tra i posti rimasti, quel numero sul biglietto indica la posizione dalla quale godrai lo spettacolo. Te ne torni a casa con il biglietto in saccoccia e attendi la data. I giorni passano e finalmente suona la sveglia che decreta l'inizio di una nuova giornata. Ma non è la solita giornata, perché nell'arco di quelle ventiquattro ore, due o tre almeno, le passerai in teatro.
Scendi dal letto, ti prepari, non sai cosa aspettarti, perché quella è la tua prima volta da sola.
Ma vabbé, esci di casa, respiri aria fresca, è dicembre ma c'è il sole. Mancano pochi giorni a Natale e tutti fingono di essere più buoni, ma non importa, almeno alcuni bambini ci credono ancora a Babbo Natale. Vai alla fermata dell'autobus e inizia il tuo viaggio fisico, quello mentale è già avanti.
Treno e alcuni chilometri e stazioni varie arrivi. Cammini per la città e arrivi davanti al teatro, mancano ancora quaranta minuti all'inizio dello spettacolo, non hanno ancora aperto le porte, è freddo. Inizia ad arrivare gente, e lì noto a malincuore che i giovani sono pressoché assenti, noto tante persone anziane. Le bellissime immagini di nonni e nipoti o genitori e figli, spero che gli occhi di quei bambini non si stanchino mai di vedere l'arte; questo è l'augurio che faccio sia a me stessa che a loro. Mi diverte vedere signori e signore imbellettati, truccate e profumate per andare a teatro. Tutto sembra sparire, le bruttezze, la crisi, i brutti pensieri. Da contrasto una decina di persone tra cui barboni alloggiano come al solito lì davanti. Puzza di alcool, di disperazione e di pericolo. Non so cosa pensare, non mi piace giudicare e non trovo risposte nel cercare di sapere perché alcune persone (vogliono?) o debbano vivere così.
Ecco le 15:00. Aprono le porte. E per me si apre un nuovo mondo. Uomini e donne vestiti eleganti sembrano chaperon ed hostess pronti ad accoglierti per questo nuovo viaggio. Lucentezza di marmi, specchi lustri. Quanto bagliore!! Decori oro. Mi strappano una parte di biglietto e mi invitano ad entrare (finalmente). Non sapevo dove andare (ero abbastanza stordita). Chiedo informazioni per il palco, non ho un biglietto di platea. Salgo fino al IV ordine. Lì mi accoglie un ragazzo tutto ben vestito che mi esclama: prego da questa parte!! Scorgo tante porte numerate chiuse che si snodano per corridoi semi-circolari. Eccoci, si apre una porticina. Mi sento quasi come Alice nel paese delle meraviglie. Mi si schiude dinanzi un altro mondo. 


Entro nella loggetta, una nicchia atemporale da tutto ciò che è. Sono ufficialmente dentro il teatro, mi scorgo dal balconcino e la mia vista viene inondata da stucchi, ori, lampadari, specchi, un tripudio visivo barocco! E' tutto così maledettamente bello che ho paura di svegliarmi (attendo con ansia il fatidico pizzicotto che ti riporta alla realtà). Guardo in basso la platea sottostante che piano piano si riempie. Ognuno al suo posto, lentamente la pancia del teatro si colma. Il lampadario centrale mi sembra immenso, è come se quel posto avesse un cuore. Un cuore luminoso così aristocratico e antico. Sono incantata. Scorgo sotto il palco centrale l'orchestra che prova. Sentire un violino dal vivo è sempre un graffio vibrante. Vedo il palco ancora vergine. Le tende blu celano quello che tra pochi minuti avverrà, e sarà unico e irripetibile, proprio come il teatro sa fare. Ogni volta la prima volta. Ogni volta una sacrale verginità. Tanto per inciso la mia sbadataggine ha tralasciato fino ad ora il nome dello spettacolo, ebbene sarà il "Lago dei Cigni" la mia prima volta. 








Sognavo fosse così, e la realtà supera qualsiasi pensiero onirico talvolta. Una voce ci da il buon pomeriggio. Si abbassano le luci, e un'atmosfera irreale trascende il tutto. Buio. Si aprono le tende, parte la musica, vedo i danzatori, i loro corpi muscolosi e perfetti saltano e odo il suono dei piedi sul palco del teatro. Il legno sottostante si muove, vive, di quel movimento. Ci sono, sono là, testimone di ciò che sta accadendo. Scende una lacrima. La mia anima si è mossa esattamente con la musica e il gesto del danzatore. I tutù splendenti, sono cigni, bianchi, purissimi, sopraffini come zucchero velato, si sciolgono alla vista. Passano gli atti. Due. Al finale mi commuovo. Questo balletto è le mie lacrime. E' stato bellissimo, può sembrare retorica, ma le frasi semplici racchiudono le emozioni più pure. E le ho provate; voglio vivere di queste. Ed è stato solo il primo tentativo. Arrivederci signor teatro.

UN MESE DOPO.
Non si riesce a stare troppo lontani da ciò che si ama. Questa volta torno a teatro per un'opera lirica. La Turandot di Puccini. 





E' una domenica pomeriggio. L'emozione dell'attesa è sempre con me. Questa volta sono in una loggetta doppia e ci sono anche gli specchi. Il mio riflesso è uno dei tanti che è stato lì. Chissà quanta gente ha visto quel teatro. Calano le luci. Su le tende. Che vociiiii!!!!
Le voci liriche dal vivo scavano a fondo la mia pelle, la trapassano e come dardi dorati inceppano nelle corde più profonde della mia anima.
Mi commuovo. Le scenografie sono imponenti, luci, costumi, tutto è parte del tutto.
All'inizio del terzo atto, al momento del "Nessun Dorma", lacrime e un tripudio, ma che dico! Uno scroscio di applausi inauditi. L'orchestra si ferma. Un ragazzo accanto a me mi domanda: Ma è normale che un'opera si fermi?
Ogni singolo applauso mi fa capire perché sono lì.
Ne è valsa la pena.
Cavolo se si!


LE MERAVIGLIOSE FOTO SONO DI LORENZO GAUDENZI.

                                                                                                                              
                                                                                                                                 Federica Fiumelli

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