Un mio autoritratto? Avrei voluto avere i capelli della venere di Botticelli, il sorriso della Gioconda, gli occhi alla Picasso, il collo alla Modigliani, i colori di Matisse, il corpo scolpito da Canova e la grazia delle muse Preraffaellite; avrei voluto essere di una bellezza fredda e smaltata alla Otto Dix per giocare una partita a scacchi con Duchamp in un bar dalla grande vetrina come quelli di Hopper. Per il futuro mi piacerebbe rimanere impressa come un’icona pop di Warhol e volare nell’altrove come gli amanti di Chagall.

mercoledì 21 gennaio 2015

Zed1, Willow e Guaia, curated by Spazio San Giorgio Arte Contemporanea, Bologna

Ecco tre artisti ed eventi da non perdere, 
curati da Spazio San Giorgio Arte Contemporanea

http://www.spaziosangiorgio.it/






SECOND SKIN PROJECT
ZED1
Opening Sabato 24 Dicembre 2015 h. 20.00
Live Performance h. 21.30 
ART CITY White Night | Arte Fiera 2015


"Che la vita possa essere considerata una caduta è connaturato alla facoltà umana di immaginare. Immaginare significa concepire l'altezza da cui avviene la caduta."

John Berger

Uno splendido disincanto dal sapore felliniano. Una pellicola smaltata, un carillon circense stridente. L'odore di vecchi libri, pagine polverose, custodite nei segreti di una soffita si schiudono a noi come sogni alati. I personaggi dello streetartist Marco Burresi, in arte Zed1 popolano già da tempo molte zone italiane dal Nord a sud, interventi pubblici, su pareti di muri che ci appaiono come pagine di un libro illustrato. Disincantati. Si perché l'immaginario seppur fantastico rimane critico, vagheggia fluttuante con una cinica rilettura di temi che scuotono profondamente l'animo umano. Dal cambiamento, alla speculazione, alla solitudine, al tempo, alla monetizzazione di esso, al potere, al sesso, all'infazia.
Una metamorfosi delicata, i personaggi vivono nell'aria, in un mondo di carta e vetro raffinato. Anche se la distinzione tra fiaba e favola é ormai nota, il lavoro di Zed1 può affermarsi come uno scivolare tra i confini di questi due generi, la favola é quel racconto magico che ha solitamente come protagonisti animali come accade nelle favole di Fedro, di Esopo, di La Fontaine ed un preciso scopo di educazione morale, ovvero ci sono i buoni e ci sono i cattivi, a quelli scorretti é garantita solitamente una punizione finale. La fiaba al contrario non si dimostra da subito esplicita, ma lascia aperta una riflessione critica, lascia che sia l'ascoltatore a decidere da quale parte schierarsi.
Le opere di Zed1 nascono favole ma agiscono sicuramente come fiabe urbane.
Il mondo illustrato dell'artista attarverso la moltitudine di graffiti drawing mantiene un tratto raffinato, una linea elegante che si srotola come una narrazione magica, talvolta perturbante, tra animali, elfi, clown, burattini, al limite, folli, outsiders, freaks, eccentrici, equilibristi.
Instabili vaganti. Sinceramente precari. Teatranti.
Nonostante la tecnica spray, la bravura dell'artista porta le nuances utilizzate a campiture compatte quasi pastello sospese in un colore che può essere solo immaginato.
La serena gamma cromatica sembra collidere con la stridente anima sordida dei protagonisti, ed é questa la chiave di forza, che apra la soffitta dell'immaginario libresco di Zed1.
Rotondità volanti che riecheggiano in romanticismi melanconici della donna cannone sognata da DeGregori, burrositá in volti tondeggianti e cosmici, solitari e sensibili. Ricordi quasi boteriani.
Poi i corpi scivolano in curve, tra schiene e addomi, volumi di ovatta che si chiudono in piedi sopraffini, come antenne, in grado di vibrarsi lirici e affusolati. Sono vuoti pieni. Vuoti a perdere. Hanno inglobato il possibile, and finally full. Troppo vuoto. Che sia un allarme? L'eccesso deve essere scavato.
Ma i soggetti restano in punta di piedi sul nulla. In caduta libera.
Per concepire l'altezza di quelle cadute, non ci resta che immaginare.
E poi ci sono gli sguardi, asserrandati, consapevoli di non essere mai lì dove si posa l'occhio di chi osserva, ma altrove, lontano. Sparati in aria da chissàquale cannone.
Sguardi attoniti tra la presa di coscienza e l'abbandono. Ambigui e di minor ingombro rispetto ai volti che li contengono.
Piedi fasciati in calzature dalle snellezze medievali, gli esserini dell'artista sono raccontastorie perduti. Lussuriosi o opulescenti? Sono menestrelli attenti al dettaglio, quasi dal sapore lontano di un gotico internazionale, fiabesco non a caso. Minuzioso, puntiglioso.
Dalle miniature di un racconto silenzioso, i personaggi come bolle di sapone e ceramica si ingrandiscono e si impadroniscono di grandi dimensioni e spazi pubblici.
Zed1 gioca in una teatralità mascherata, un tableau vivant che sussurra: "datemi una maschera e sarò sincero." Ma ci sarà un tempo anche per spogliarsi delle foglie di un autunno di apparenze.
Zed1 pensa tramite il disegno che rende macro, in versione ambientale, dal taccuino al muro, la sua poliedricità é messa in evidenza come quando la dimostra passando dalla grafica, alla tela al Wall painting.
Il disegno come arma per agire sulla pelle del mondo, profondamente, in superificie.
Quella pelle che diventa un vero e proprio modus operandi.
Il progetto dell'artista "Second Skin" presenta infatti doppi strati di disegno, doppi strati di pittura, doppi strati di carta, solo l'interazione del fruitore, del passante, o lo scorrere del tempo potranno rivelarci questo profondo scavare in superficie. Un'erosione dell'immagine introspettiva.
Una mutazione che filtra attarverso la caducità della materia. Perché tutto può cambiare.
Strappi una pagine ed ecco un'altra vita, ecco un'altra illustrazione.
Depura, sbuccia, scarta, spoglia l'immagine per regalarcene le interiora, lo scheletro, la struttura portante, il tuorlo.
Una vita a brandelli, perché é negli interstizi che si trova una silenziosa verità distillata, e come anche Calvino scriveva nel "Visconte dimezzato": " bellezza, sapienza e giustizia ci sono solo in ciò che é fatto a brani."

Zed1 archeologo di essenze, scavando a sud del cuore, nel profondo tempo dello sguardo.

Federica Fiumelli  




Orari di apertura / Opening Times :

Martedì - Venerdì  10.00 - 13.00 /  16.00 - 19.00
Tuesday - Friday   10am - 1pm / 4pm - 7pm

Sabato 16.00 - 19.00
Saturday 4pm - 7pm



In altri orari su appuntamento.
Any other time on appointment.




SEDICI MODI DI DIRE VERDE

Poliambulatorio Giardini Margherita, struttura sanitaria privata di alto livello e con una particolare attenzione al benessere psicofisico dei propri pazienti, proporrà in occasione di ArteFiera 2015, in collaborazione con Spazio San Giorgio arte contemporanea "Sedici Modi di Dire Verde" mostra dell’artista neo-pop Willow.

"...e tutti camminano sempre ma poi per dove 
tanto un albero è come un ombrello se piove."
Da "16 modi di dire verde" di Niccolò Fabi

Leitmotiv di questa esposizione firmata Willow è sicuramente il verde. Un verde che accoglie, protegge e si disperde come liquido sulle tele. Un verde che invoglia, abbaglia e risuona, glorioso e ottimista. Un verde più verde del vero. Un verde jazz. 
Un Willow che trama colore per appunti di un viaggio nei ricordi di una natura naturans.
Come edera il suo colore cresce e nasce sugli spazi di una tela. 
Dapprima bianca poi vinta da queste energiche tempeste verdi.
I mondi di Willow eterei, fluttuanti, atemporali sono tutt'un caos di colore. Non hanno peso specifico, data od ora. 
Solo flusso e passaggio, solo ritmo, dal momento in cui ci capiti davanti.
Tra il fumetto e l'illustrazione i personaggi si disperdono in un non-sense di gettate di colore. 
Gli smalti su tela sono storie che finiscono nella curva di un sorriso. 
Sicuramente erede di un neopop giapponese alla Takashi Murakami, le invasioni di esserini ci comunicano attraverso onomatopee da fumetto, per un fraseggio muto, che nutre di visioni e colore i suoni. 
Smile, :D, dz, wuuup. Punti esclamativi. A! E!
"Verde te quiero verde", un romanticismo nostalgico e agrodolce, frizzante alla García Lorca, tutto verte in un amabile cocktail all'à plat. Come girovaghi gitani, i "polipetti" dell'artista fluttuano in oceani di informe, nell'incertezza liquida di un sogno distratto, in assenzi assenti.
Si aggrappano alla tela per non gocciolare in una realtà troppo monotono.
Willow da botanico atelierista ci crea con le sue opere varchi - finestre, organiche, bios in punta di pennello, tutto esplode a ritmo di verde, polifonicamente.
Come suggerirebbe Baricco:
"A volte le parole non bastano. E allora servono i colori. E le forme. E le note. E le emozioni."
Testo : Federica Fiumelli


Brevi cenni biografici: Nato nel 1978 a Milano si diploma presso la Scuola del Fumetto e Illustrazione di Milano nel 2000. Collabora da 12 anni con case editrici, agenzie pubblicitarie e aziende produttrici di gadgets e articoli da collezione e design. Con lo pseudonimo W i l l o w realizza tele, grafiche, murales e vinyl toys vicine allo stile POP, collaborando con gallerie, aziende e designers in Italia e all’estero. Tra le principali collaborazioni:Comix, Motta, Borsalino. Weissestal, Ariete, Boffi.



don'tnedd(ART)

Incucina bistrot, in collaborazione con Spazio San Giorgio arte contemporanea, nel periodo di Artefiera 2015, ospiterà la mostra “don’tneed(ART)." dell’artista Lorenzo Guaia. 
In occasione di Art City White Night sabato 24 gennaio, per l’inaugurazione dell’esposizione, Lorenzo Guaia vestirà i panni di CIBARTISTA e a fianco del padrone di casa, lo chef Giorgio Salterini, cucinerà per gli ospiti un menù degustazione.

Il tratto distintivo dell'artista Bolognese Lorenzo Guaia é sicuramente quello di un grafismo lineare e preciso, un segno deciso e pulito, che si impone leggero, senza alcuna pesantezza al di là del concetto. Tagliente e ordinato. L'essere umano nelle sua figurativitá é totalmente assente, solo oggetti del quotidiano, da tazze a strumenti musicali o seggiovie, manifestano la loro presenza tramite silhouette che si impongono ben definite su sfondi decisamente contrapposti. Pochi protagonisti per supporti variegati. La dicotomia in Guaia si fa sempre ascoltare.
I soggetti tracciati dall'artista si vestono di contorni puntuali, zen, senza alcuna ombra o profondità fluttuano su supporti estremi. Un'estremità declinata ad una bizzarria visiva.
Estremi nella loro composizione, il Guaia collezionista si schiude ai suoi osservatori, é così che ad esempio dopo la fortunata serie delle bustine da té, uno ski-lift dai contorni netti e total white si staglia in una prospettiva fotografica su una campitura patchwork di santini e madonne.
Una moltitudine sacrale si offre come sfondo ad un soggetto distante.
Al limite dell'assurdità metafisica le opzioni di interpretazione sono vaste tante quanti i santini utilizzati per il collage.Sacro e profano. All'artista interessa accorpare icone, simboli sedimentati nell'immaginario comune, apparentemente disconnessi fra loro. In realtà oggi più che mai, il flusso non stop di immagini bulimiche soprattutto nelle pubblicità ci propone accostamenti più che improbabili, il vero problema é che l'occhio abituato a ciò non ne é più consapevole.
É allora che Guaia ripara al guaio, con la sua solita linearità evanescente scava a fondo di questioni antitetiche e dicotomiche, mescolando con grande sobrietà religione, musica rock, paesaggio, medicina.
Più che di un gesto iconoclasta, Guaia si diverte a produrre altre nuove immagini che interrogano il fruitore sulle possibili conciliazioni proposte. Annunciazioni che si fanno carico di rileggere il senso delle icone nel rockeggiante panorama ibrido contemporaneo.

Federica Fiumelli



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