Un mio autoritratto? Avrei voluto avere i capelli della venere di Botticelli, il sorriso della Gioconda, gli occhi alla Picasso, il collo alla Modigliani, i colori di Matisse, il corpo scolpito da Canova e la grazia delle muse Preraffaellite; avrei voluto essere di una bellezza fredda e smaltata alla Otto Dix per giocare una partita a scacchi con Duchamp in un bar dalla grande vetrina come quelli di Hopper. Per il futuro mi piacerebbe rimanere impressa come un’icona pop di Warhol e volare nell’altrove come gli amanti di Chagall.

giovedì 4 luglio 2013

ALIENS -Tappa Bologna @ Spazio San Giorgio

Ed ecco il testo pubblicato su Frattura Scomposta

(www.fratturascomposta.it)

Enjoy!
:)

RECENSIONE: ALIENS-BOLOGNA



“Ognuno sta solo sul cuore della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera.”
Ermeticamente poetando, Salvatore Quasimodo aveva racchiuso in poche parole il senso di solitudine estrema che ci appartiene. Che oggi più che mai nell’era dell’ultra comunicazione sembra appartenerci. Non ce ne accorgiamo ma siamo tutti a modo proprio degli outsider.
Chi più degli artisti, può fornirci in maniera pratica e concisa, attraverso le immagini, l’aspetto alienante del contemporaneo?
ALIENS è un progetto artistico curatoriale che propone collettive di artisti contemporanei per lo più italiani, la tappa di Bologna, dall’11 al 25 maggio scorso, alla Galleria Spazio San Giorgio ha visto esporre ben tredici nomi.
Una squadra made in italy che ha prodotto differenti visioni sul tema dell’alienazione.
Grazie alla collaborazione con la galleria ho avuto modo di osservare la mostra più volte, tra queste in maniera silenziosa e solitaria, esercitando lo sguardo sulle opere in molteplici momenti.
Alessio Bolognesi con il suo alter ego total white Sfiggy, con il terrore del romanticismo a buon mercato, vieta la pace al perbenismo assuefante e stucchevole, avendone per tutti, è il proclamatore dell’amata ultraviolenza (per dirla all’Alex di Arancia Meccanica), punta la pistola all’omino anonimo verde di poca speranza di Haring, la cacchina emessa è solo un eco alla Manzoni.
Le foto di Andrea Valsecchi, tra il cyber e il metafisico,  propongono presenze fuori fuoco in un mondo digitalizzato, tutto passa niente resta, le figure evanescenti si concretizzano solo nell’attimo del fotografico. Il tempo non basta, è fermo, ed ecco un cartello indica che Facebook è di là, la condivisione, la social obsession detta la strada, luogo immateriale dove ormai tutti passano il tempo che non resta.
Elegante, sottile, in punta di piedi, il rouge di Angela Viola, inchiostri su cartoncini aventi come protagonista una sconosciuta dalle sembianze femminili, dalle nudità in bianco e nere, la sagoma sembra vivere di profili e fili rossi, gomitoli organici si dispiegano nel bianco, per avvolgere e intrappolare di un rosso vitale, come sangue ipersottile il corpo esanime.
Iperrealismo, da nanetti ipertrofici S(botero) con simboli di denari e sette belli in paesaggi dai cieli lividi e alberi riccioluti, magri e ondulati, per una tela di due metri di lunghezza, l’opera di Domenico Dell’Osso, una scena solitaria, di un piccolo uomo rotondo che ci da le spalle, a metà tra l’industralizzazione e la natura, poi Dio fece carte a lungo, carte a denari, sette bello e la settanta. Come andrà a finire? Forse nessuno lo sa e lo saprà.
War Child, Gabriele Talarico si ispira al negativo fotografico per fornire splendidi acrilici su tela, autentici dipinti, un focus on, un ritratto di bambino, una realtà che il mondo degli adulti non risparmia, nessun bambino dovrebbe accedere a quello scempio che viene chiamato guerra. Il bambino sovrappone il suo sguardo, i suoi contorni, i suoi limiti, le sue sensazione che si tingono di verde, giallo, rosso, si sovrappongono, lasciandoci uno scanner di malinconia e riflessione.
Lasciate a casa Geppetto, ormai ha fatto storia e Giacomo Rossi ne avrebbe anche per lui. Le sculture di Rossi riemergono dalla loro ferite, dalle loro ceneri come delle fenici, presentano le loro mostruosità, le loro manone, il loro dentoni, non vogliono ammiccare ad essere sexy, non hanno un bel portamento e sembrano anche un po’ ingobbiti, ma tranquilli niente notre-dame, qui niente campane da suonare, solo tanta ironia e un’altra vita regalata dall’artista al legno.
Un’altra tela enorme, anche qui quasi due metri di lunghezza, una tecnica particolare, pittura ad encausto su base fotografica, Uscita Forzata: mela alt esc di Gianluca Chiodi, gioca in un mix di contemporaneo e biblico, fornendoci un Adamo ed Eva, straordinariamente targati d’oggi, un Adamo tronista, tatuato, trash, kitsch, tamarro inside, un Eva più finta del finto, una Paris Hilton, forse troppo coperta con la sola foglia. Dio li fa poi li accoppia, Dio forse non era astemio, e quel giorno della creazione al suo controllo sfuggirono un bel po’ di cosette. Ma questa è un’altra faccenda. L’unica cosa è che il Dio del nuovo Millennio ha fatto storia sotto il nome di Steve Jobs, la mela del peccato, è diventata la più desiderata del globo, e non è un caso se i due se la contendono. La tecnologia è il vero accesso al paradiso, oggi.
Il futuro che sarà? Un astronauta, una mucca con l’insegna del Mc,  lo sponsor volante Technocasa, una coca-cola abbandonata in primo piano, un paesaggio disabitato e lunare quello di Marco Minotti; una Globalizzazione bizzarra, surreale e con la vita precaria, che ci lascia ad un cielo rosa.
Un rosa che trova massima esplosione nell’opera di Willow, un super pop divertente e iper colorato con esserini fumettistici sprizzanti per un fucsia iconico e da pop-brain, Pink side of life farebbe impallidire la Pantera Rosa per essere troppo poco pink. Una miscela pop irriverente e frizzante, scoppiettante ed elettrizzante. Un vero sciroppo contro la noia del bianco e nero.
Di un rosa pallido, trasparente, amniotico, è protagonista il lavoro di Vania Eletttra Tam che con delicatezza ci presenta Rodiola Rosea in Re Minore, una sinfonia silenziosa e fluttuante, un viaggio in assenza di gravità delicato e liscio, liquido e perturbante. Femminile e personale.
Una placenta tentacolare avvolge e culla, l’artista protagonista in questa danza privata.
Amletici e spauriti sono invece i paperi di Luigi Leonidi, con gli inglobanti occhi grandi, che sembrino uscire dalla tela, soffrono di qualcosa, hanno in loro dolori e sconfitte silenziosi, sono iconici ma anche anonimi, profondamente misteriosi, sono da scoprire petalo a petalo per ammirarne l’essenza profonda ed esistenzialista. Un bocciolo di segreti.
Con Circus, fotografia digitale, Massimo Festi ci regala un attimo di grande solitudine, un monologo teatrale visivo, una mascherata sottomessa e quasi rassegnata, fingere di stare bene, che in fondo al come stai nessuno vuole veramente sapere la verità. Un personaggio solitario, mascherato piega la testa nel tunnel del silenzio e della solitudine. L’angoscia si traveste, ma questa volta si tratta di un anti-eore, un outsider, uno ai margini della parola.
E per finire le donne dalle pennellate sensuali e pastose di Silvio Porzionato, sono semi nude, aspettano forse qualche minuto d’amore, sono in attesa e ci guardano, aprono le gambe al nostro sguardo fecondo di curiosità. La spazio che contorna i soggetti è a sua volto scomposto in pennellate di luce, le stesse pennellate che sezionano i corpi muliebri, donando loro luminosi spazi di infinito.

Federica Fiumelli



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