Ed ecco il testo pubblicato su Frattura Scomposta
(www.fratturascomposta.it)
Enjoy!
:)
RECENSIONE:
ALIENS-BOLOGNA
“Ognuno sta
solo sul cuore della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera.”
Ermeticamente
poetando, Salvatore Quasimodo aveva racchiuso in poche parole il senso di
solitudine estrema che ci appartiene. Che oggi più che mai nell’era dell’ultra
comunicazione sembra appartenerci. Non ce ne accorgiamo ma siamo tutti a modo
proprio degli outsider.
Chi più degli
artisti, può fornirci in maniera pratica e concisa, attraverso le immagini,
l’aspetto alienante del contemporaneo?
ALIENS è un progetto artistico curatoriale
che propone collettive di artisti contemporanei per lo più italiani, la tappa
di Bologna, dall’11 al 25 maggio scorso, alla Galleria Spazio San Giorgio ha visto esporre ben tredici nomi.
Una squadra
made in italy che ha prodotto differenti visioni sul tema dell’alienazione.
Grazie alla
collaborazione con la galleria ho avuto modo di osservare la mostra più volte,
tra queste in maniera silenziosa e solitaria, esercitando lo sguardo sulle
opere in molteplici momenti.
Alessio Bolognesi con il suo alter ego total white
Sfiggy, con il terrore del romanticismo a buon mercato, vieta la pace al
perbenismo assuefante e stucchevole, avendone per tutti, è il proclamatore
dell’amata ultraviolenza (per dirla all’Alex di Arancia Meccanica), punta la
pistola all’omino anonimo verde di poca speranza di Haring, la cacchina emessa
è solo un eco alla Manzoni.
Le foto di Andrea Valsecchi, tra il cyber e il
metafisico, propongono presenze fuori
fuoco in un mondo digitalizzato, tutto passa niente resta, le figure
evanescenti si concretizzano solo nell’attimo del fotografico. Il tempo non
basta, è fermo, ed ecco un cartello indica che Facebook è di là, la
condivisione, la social obsession detta la strada, luogo immateriale dove ormai
tutti passano il tempo che non resta.
Elegante,
sottile, in punta di piedi, il rouge di Angela
Viola, inchiostri su cartoncini aventi come protagonista una sconosciuta
dalle sembianze femminili, dalle nudità in bianco e nere, la sagoma sembra vivere
di profili e fili rossi, gomitoli organici si dispiegano nel bianco, per
avvolgere e intrappolare di un rosso vitale, come sangue ipersottile il corpo
esanime.
Iperrealismo,
da nanetti ipertrofici S(botero) con simboli di denari e sette belli in
paesaggi dai cieli lividi e alberi riccioluti, magri e ondulati, per una tela
di due metri di lunghezza, l’opera di Domenico
Dell’Osso, una scena solitaria, di un piccolo uomo rotondo che ci da le
spalle, a metà tra l’industralizzazione e la natura, poi Dio fece carte a lungo,
carte a denari, sette bello e la settanta. Come andrà a finire? Forse nessuno
lo sa e lo saprà.
War Child, Gabriele Talarico si ispira al negativo
fotografico per fornire splendidi acrilici su tela, autentici dipinti, un focus
on, un ritratto di bambino, una realtà che il mondo degli adulti non risparmia,
nessun bambino dovrebbe accedere a quello scempio che viene chiamato guerra. Il
bambino sovrappone il suo sguardo, i suoi contorni, i suoi limiti, le sue
sensazione che si tingono di verde, giallo, rosso, si sovrappongono,
lasciandoci uno scanner di malinconia e riflessione.
Lasciate a
casa Geppetto, ormai ha fatto storia e Giacomo
Rossi ne avrebbe anche per lui. Le sculture di Rossi riemergono dalla loro
ferite, dalle loro ceneri come delle fenici, presentano le loro mostruosità, le
loro manone, il loro dentoni, non vogliono ammiccare ad essere sexy, non hanno
un bel portamento e sembrano anche un po’ ingobbiti, ma tranquilli niente
notre-dame, qui niente campane da suonare, solo tanta ironia e un’altra vita
regalata dall’artista al legno.
Un’altra tela
enorme, anche qui quasi due metri di lunghezza, una tecnica particolare,
pittura ad encausto su base fotografica, Uscita Forzata: mela alt esc di Gianluca Chiodi, gioca in un mix di
contemporaneo e biblico, fornendoci un Adamo ed Eva, straordinariamente targati
d’oggi, un Adamo tronista, tatuato, trash, kitsch, tamarro inside, un Eva più
finta del finto, una Paris Hilton, forse troppo coperta con la sola foglia. Dio
li fa poi li accoppia, Dio forse non era astemio, e quel giorno della creazione
al suo controllo sfuggirono un bel po’ di cosette. Ma questa è un’altra faccenda.
L’unica cosa è che il Dio del nuovo Millennio ha fatto storia sotto il nome di
Steve Jobs, la mela del peccato, è diventata la più desiderata del globo, e non
è un caso se i due se la contendono. La tecnologia è il vero accesso al
paradiso, oggi.
Il futuro che
sarà? Un astronauta, una mucca con l’insegna del Mc, lo sponsor volante Technocasa, una coca-cola
abbandonata in primo piano, un paesaggio disabitato e lunare quello di Marco Minotti; una Globalizzazione
bizzarra, surreale e con la vita precaria, che ci lascia ad un cielo rosa.
Un rosa che
trova massima esplosione nell’opera di Willow,
un super pop divertente e iper colorato con esserini fumettistici sprizzanti
per un fucsia iconico e da pop-brain, Pink side of life farebbe impallidire la
Pantera Rosa per essere troppo poco pink. Una miscela pop irriverente e
frizzante, scoppiettante ed elettrizzante. Un vero sciroppo contro la noia del
bianco e nero.
Di un rosa
pallido, trasparente, amniotico, è protagonista il lavoro di Vania Eletttra Tam che con delicatezza
ci presenta Rodiola Rosea in Re Minore, una sinfonia silenziosa e fluttuante,
un viaggio in assenza di gravità delicato e liscio, liquido e perturbante.
Femminile e personale.
Una placenta
tentacolare avvolge e culla, l’artista protagonista in questa danza privata.
Amletici e
spauriti sono invece i paperi di Luigi Leonidi,
con gli inglobanti occhi grandi, che sembrino uscire dalla tela, soffrono di
qualcosa, hanno in loro dolori e sconfitte silenziosi, sono iconici ma anche
anonimi, profondamente misteriosi, sono da scoprire petalo a petalo per
ammirarne l’essenza profonda ed esistenzialista. Un bocciolo di segreti.
Con Circus, fotografia
digitale, Massimo Festi ci regala un
attimo di grande solitudine, un monologo teatrale visivo, una mascherata
sottomessa e quasi rassegnata, fingere di stare bene, che in fondo al come stai
nessuno vuole veramente sapere la verità. Un personaggio solitario, mascherato
piega la testa nel tunnel del silenzio e della solitudine. L’angoscia si
traveste, ma questa volta si tratta di un anti-eore, un outsider, uno ai
margini della parola.
E per finire
le donne dalle pennellate sensuali e pastose di Silvio Porzionato, sono semi nude, aspettano forse qualche minuto
d’amore, sono in attesa e ci guardano, aprono le gambe al nostro sguardo
fecondo di curiosità. La spazio che contorna i soggetti è a sua volto scomposto
in pennellate di luce, le stesse pennellate che sezionano i corpi muliebri,
donando loro luminosi spazi di infinito.
Federica Fiumelli
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