Jessica Ferro, classe
1992, nasce a Dolo, e fin da bambina comincia a disegnare sapendo già
con fermezza e con urgenza che l’arte sarebbe stata la strada per la
vita. La fascinazione verso il mondo dell’entomologia e della
malacologia la elegge come una rara osservatrice del dettaglio naturale,
dell’infinitesimale, della nervatura, del macroscopico indispensabile
che, attraverso varie tecniche e sperimentazione, diviene traccia
pittorica evanescente e altra.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?
La mia personalità è sempre stata
caratterizzata da una forte inclinazione artistica: fin dalla più tenera
età ho cominciato a disegnare, dipingere e muovermi in ambito creativo
con disinvoltura. Di conseguenza, l’interesse per i linguaggi dell’arte
ha delineato la mia formazione: il Liceo Artistico (Rovigo) e
l’Accademia di Belle Arti (Bologna). La mia attività espositiva è
cominciata molto presto e, col passare del tempo si è notevolmente
intensificata, sia in Italia che all’estero. Ho partecipato a diversi
concorsi, premi e residenze artistiche perché trovo molto stimolante il
confronto costruttivo con altri artisti e quando, in più occasioni, ho
ottenuto il riscontro positivo delle giurie, poi, inevitabilmente, ho
cominciato a prendere molto più sul serio il mio lavoro e la mia
ricerca, anche da un punto di vista professionale. La differenza
principale che ho notato fra gli esordi e oggi è probabilmente il fatto
che il “fare artistico” è man mano diventato per me molto più di una
semplice passione: una priorità rispetto a ogni altra cosa, un’urgenza,
proprio come se quello fosse l’unica, irrinunciabile modalità, con cui
mi è concesso di esprimermi.
Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
I soggetti delle mie opere sono perlopiù
dettagli del mondo naturale: insetti e molluschi, materie organiche e
fossili, appartenenti sia alla terra che al mare. In linea generale la
zoologia mi affascina particolarmente, nello specifico l’entomologia e
la malacologia sono fonti d’ispirazione e mi danno la possibilità di
raccogliere quelle suggestioni che poi si riflettono inevitabilmente
sulla poetica delle opere. Il processo artistico mi porta a indagare con
accanimento i particolari di ogni soggetto raffigurato e de-figurato,
inducendolo a mutazione. Lo specifico dettaglio rimanda a una visione
più ampia, dilatata, vibratile, non meno astratta del dettaglio stesso.
Le tematiche delle opere sono inerenti alle apparizioni e alle
sparizioni di enigmatiche figure, dense di evocazioni.
In generale amo molto sperimentare ed entrare in contatto con le tecniche e i materiali più diversi, quindi i miei progetti futuri riguardano anche la possibilità di ricercare e collaudare nuove soluzioni in questo ambito; le mie opere sono spesso il frutto dell’unione di più procedimenti che mettono in relazione la pittura e alcune tecniche incavo-rilievografiche sperimentali.
In generale amo molto sperimentare ed entrare in contatto con le tecniche e i materiali più diversi, quindi i miei progetti futuri riguardano anche la possibilità di ricercare e collaudare nuove soluzioni in questo ambito; le mie opere sono spesso il frutto dell’unione di più procedimenti che mettono in relazione la pittura e alcune tecniche incavo-rilievografiche sperimentali.
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Il contesto ambientale in cui vivo
sicuramente, in un certo modo, ha influito nel rapporto che ho con il
mondo della natura e i suoi dettagli.
Abito a Rosolina, un paese della provincia di Rovigo che si affaccia sul mare.
I paesaggi del basso Polesine sono ricchi di suggestioni e talvolta ho cercato spunti visivi nelle zone naturalistiche più isolate e silenziose che caratterizzano il parco del Delta del Po, attivando un personale percorso d’indagine della realtà. Per quanto riguarda la mia ricerca artistica infatti ritengo che sia estremamente importante l’osservazione della natura e delle sue forme, soprattutto di quegli aspetti che solitamente vengono ignorati.
Abito a Rosolina, un paese della provincia di Rovigo che si affaccia sul mare.
I paesaggi del basso Polesine sono ricchi di suggestioni e talvolta ho cercato spunti visivi nelle zone naturalistiche più isolate e silenziose che caratterizzano il parco del Delta del Po, attivando un personale percorso d’indagine della realtà. Per quanto riguarda la mia ricerca artistica infatti ritengo che sia estremamente importante l’osservazione della natura e delle sue forme, soprattutto di quegli aspetti che solitamente vengono ignorati.
Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
Il sistema dell’arte contemporanea è una
questione complessa. In linea generale penso che dovrebbe aprirsi molto
di più alle nuove proposte e ai giovani artisti piuttosto che
atrofizzarsi sul mercato di artisti storicizzati che non portano più
ulteriori novità e sviluppi alla scena artistica contemporanea. Sono
molto poche le gallerie che si occupano seriamente e in modo
professionale di artisti emergenti e questo è un peccato.
Che domanda vorresti ti facessi?
Mi piacerebbe raccontarti qualche cosa
in merito al mio processo di lavoro, quindi vorrei che la tua ultima
domanda riguardasse appunto questo.
L’approccio di lavoro, che nel mio caso possiamo definire indiretto, pone un’interferenza e una debita distanza tra me e l’opera finita in quanto introduce ulteriori ingredienti rispetto a quei segni che imposto direttamente sul supporto, ossia permette l’inserimento di tracce, impronte, indizi, elementi che in qualche modo provengono dal mondo esterno e lasciano spazio ad una certa quantità di variabili possibili.
Qualche volta mi è capitato di parlare del processo di creazione delle opere come di un “Rituale” che procede per gradi, partendo dall’osservazione diretta di piccoli elementi naturali, e va dal momento dell’ideazione dell’immagine alla scalfittura della stessa sul supporto, dalla preparazione del colore (spesso ottenuto dall’impasto di pigmenti naturali) alla volontà di trasmettere una pressione fisica, corporea. Si tratta della rivisitazione di una modalità di stampa, questo mezzo viene infatti sovvertito e usato impropriamente, negando la produzione in serie di uno stesso soggetto ma piuttosto accentuandola possibilità di trasfigurazione e di differenziazione che l’immagine della matrice può subire attraverso diverse impressioni, fino a giungere al punto in cui il riferimento ad essa non è più visivamente riconoscibile. Il segno indiretto, quindi, restituisce qualcosa di superiore rispetto alla tradizionale dimensione espressiva della pennellata diretta, suggerendo tutto un complesso portato del vissuto inconscio dell’immagine e dei suoi significati.
L’approccio di lavoro, che nel mio caso possiamo definire indiretto, pone un’interferenza e una debita distanza tra me e l’opera finita in quanto introduce ulteriori ingredienti rispetto a quei segni che imposto direttamente sul supporto, ossia permette l’inserimento di tracce, impronte, indizi, elementi che in qualche modo provengono dal mondo esterno e lasciano spazio ad una certa quantità di variabili possibili.
Qualche volta mi è capitato di parlare del processo di creazione delle opere come di un “Rituale” che procede per gradi, partendo dall’osservazione diretta di piccoli elementi naturali, e va dal momento dell’ideazione dell’immagine alla scalfittura della stessa sul supporto, dalla preparazione del colore (spesso ottenuto dall’impasto di pigmenti naturali) alla volontà di trasmettere una pressione fisica, corporea. Si tratta della rivisitazione di una modalità di stampa, questo mezzo viene infatti sovvertito e usato impropriamente, negando la produzione in serie di uno stesso soggetto ma piuttosto accentuandola possibilità di trasfigurazione e di differenziazione che l’immagine della matrice può subire attraverso diverse impressioni, fino a giungere al punto in cui il riferimento ad essa non è più visivamente riconoscibile. Il segno indiretto, quindi, restituisce qualcosa di superiore rispetto alla tradizionale dimensione espressiva della pennellata diretta, suggerendo tutto un complesso portato del vissuto inconscio dell’immagine e dei suoi significati.
www.jessicaferroarte.weebly.com
Intervista a cura di Federica Fiumelli per FormeUniche
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