Un mio autoritratto? Avrei voluto avere i capelli della venere di Botticelli, il sorriso della Gioconda, gli occhi alla Picasso, il collo alla Modigliani, i colori di Matisse, il corpo scolpito da Canova e la grazia delle muse Preraffaellite; avrei voluto essere di una bellezza fredda e smaltata alla Otto Dix per giocare una partita a scacchi con Duchamp in un bar dalla grande vetrina come quelli di Hopper. Per il futuro mi piacerebbe rimanere impressa come un’icona pop di Warhol e volare nell’altrove come gli amanti di Chagall.

domenica 3 novembre 2013

Riflessioni di una sera di autunno su: “Il Bacio” di Klimt

Ecco pubblicato il mio ultimo pezzo sul nuovo numero di 
Frattura Scomposta.

www.fratturascomposta.it

Enjoy!
:)



Sarà che nelle sere di autunno davanti a una tazza di tè c’è il bisogno di fantasticare anche davanti a uno dei quadri più famosi al mondo.
Le foglie si staccano dai rami, e ingialliscono, ricoprono le strade e le certezze anche. Le prime arie fredde dopo l’estate, riportano il bisogno stringersi per pensare. Il quadro di quella sera era talmente conosciuto che la sua fama lo procede. Diventato ormai un must nell’immaginario comune, “Il Bacio di Kilmt” una fredda sera d’autunno è stato il mio fedele compagno, il mio ispiratore, il viaggiatore venuto da lontano che bussando alla mia porta per un riparo, davanti al fumo del tè bollente ha tenuto accesa la mia fantasia.
Succede che a volte sfogliando qualche libro polveroso salti fuori qualcosa.
Quella sera fu proprio “Il bacio”, olio a tela del 1907-1908, capolavoro del periodo oro dell’artista austriaco Gustav Klimt, celebre pittore simbolista, appartenente alla Secessione Viennese e rappresentante dell’Art Nouveau.
Liberamente ispirato ai mosaici bizantini, il bacio riempie il cuore per la lucentezza dell’oro utilizzato. I protagonisti sono due amanti cinti in un abbraccio, nell’abbraccio più famoso del mondo. Leggeri, lontani, evanescenti, irraggiungibili, sembrano volare via col vento.
Un tutt’uno cosmologico, brillante, prezioso. Gli amanti sembrano un unico battito. Ma invece ecco che scorgiamo i due differenti abiti, l’uomo tappezzato di fantasie rettangolari in nero e la donna di linee ondulate e circolare con zone rosse blu e verdi.
Con i capi cosparsi di fiori le menti degli amanti sono fiorite, decorate, perché di decorativismo è intrinsecamente intinta la poetica di Klimt.
Ed è una primavera che sostiene sotto i piedi gli amanti, il prato fiorito che gli accoglie. Ma poi un precipizio forse? Niente più verde, solo un vuoto d’aria.
Il vuoto d’aria che arresta i cuori più coraggiosi, quelli che osano amare e quindi di soffrire irrimediabilmente.
Ma forse qualche volta ne vale la pena soffrire, per qui momenti da attimi, per quei momenti in cui magari un abbraccio soffoca tutte le parole.
L’uomo ha il capo chino è totalmente follemente spinto verso l’amata che getta la testa all’indietro in una resa. Non ci si può esimere dall’amare e dall’essere amati. La donna ha gli occhi chiusi rapita in un sonno momentaneamente eterno, scivolata nell’abbandono che amore vuole, senza difese, senza riserve, accoccolata nelle mani, cesta, custodi dell’uomo amato.
La donna in ginocchio e l’uomo stretti l’uno all’altra sembrano formare una L, una L dorata di Love. L’amore universale è celebrato, delicatamente, preziosamente, vellutatamente, sofficemente, come neve al sole, come ebano e miele, come cera e candela.
Viene celebrato un mondo ideale, astratto, lontano dalla realtà, puro e mistico, senza spazio e tempo. I due amanti si ritrovano in una sorta di conchiglia, di scrigno, di cassetto. Hanno in sé tutte le storie d’amore del mondo, quelle state, quelle si stanno consumando in questo preciso istante e quelle che verranno, alba e tramonto, essi vivono in una lacrima.
Nella loro pacatezza ed estasi sono implacabili come una sinfonia di Beethoven, abissali e coinvolgenti.
E’ un mondo a parte, un bacio stretto tenuto tra due mani, in segreto, in silenzio.
Sssssh. Sembra quasi di sentire qualcuno che ci inviti ad un silenzio religioso, per osservare quella perfezione in goccia, in attimo, breve e sfuggevole come fumo. E intanto il tè si raffredda. Eravamo partiti da un libro polveroso, aperto per caso, ed ora ci troviamo in un aldilà dorato a spiare silenziosamente due amanti fuori stagione.
Quell’interruzione di prato fiorito, quel burrone, ci spingono a pensare che l’amore porta ai bordi, ai lati, alle altezze, alle vertigini, a punti di non ritorno, a picchi, a vertici, ai limiti del nostro esistere.
Negli spazi più insidiosi campeggia amore, ed è fiero, coraggioso, tanto coraggioso. Ruggisce quasi.
Come si saranno conosciuti i protagonisti del bacio di Klimt?
Fantastico un po’ ancora davanti la tazza di tè, adesso ci sono anche dei biscotti. Sono “Gli Abbracci” di una nota marca italiana. La pubblicità recita: “Nessuno seppe mai se fu il cacao ad abbracciare la panna o viceversa”. Cosa non si inventano i pubblicitari penso. Furbastri. Ma tornando a protagonisti di Klimt, lui avrà incontrato lei in una giornata di sole mentre era stesa sotto un albero a riparo? Lei avrà notato lui mentre raccoglieva margherite profumate in quel campo vicino casa? Erano cresciuti insieme e poi avevano scoperto di amarsi?
Chissà poi una volte conosciutosi e riconosciutosi come avevano iniziato a parlare, chissà come si guardavano e chissà di cosa ridevano insieme.
Chissà se lui per conquistarla le leggeva qualche storia, o sei lei sorridendo alle sue parole lo innamorava sempre di più.
Chissà chissà chissà.
Chissà cosa li aveva spinti sul quel confine, sul quel ciglio, su quel lembo, dove le anime per non sfuggirsi hanno l’istinto di perdersi in un bacio.
E allora mi viene di pensare ad un libro di Grossman.
Che tu sia per me il coltello. Il coltello attraverso il quale frugo e scavo in me stesso. Per conoscersi occorre amare.
Quel bacio era molto più di un bacio, era il cercare dentro se stessi, era salvezza, era mordere l’anima dell’altro, era l’arresa prima di.
Ma come si chiameranno gli amanti? Sveva? Filippo? Elizabeth? Lèopold?
Ricordano Tristano e Isotta, Paolo e Francesca, Dante e Beatrice, Lancillotto e Ginevra, potrei continuare all’infinito. 
Magari citerei anche me e te, te che forse non leggerai queste righe. Te che non sai che a te sto scrivendo.
Un te che ancora non esiste. O a te che sei esistito solo per qualche attimo.
A te che ancora non conosco, a te che stai leggendo queste parole.
Perché gli amanti esistono prima del bacio, prima di loro stessi.

Federica Fiumelli




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