Un mio autoritratto? Avrei voluto avere i capelli della venere di Botticelli, il sorriso della Gioconda, gli occhi alla Picasso, il collo alla Modigliani, i colori di Matisse, il corpo scolpito da Canova e la grazia delle muse Preraffaellite; avrei voluto essere di una bellezza fredda e smaltata alla Otto Dix per giocare una partita a scacchi con Duchamp in un bar dalla grande vetrina come quelli di Hopper. Per il futuro mi piacerebbe rimanere impressa come un’icona pop di Warhol e volare nell’altrove come gli amanti di Chagall.

mercoledì 28 agosto 2013

Il Costume Illuminotecnico

A gennaio "Frattura Scomposta" (www.fratturascomposta.it) ha pubblicato una tesina che ebbi modo di scrivere l'ultimo anno di Università in occasione di un interessante e stimolante seminario di teatro.
Rimasi da subito affascinata sull'uso performativo della luce in ambito di costumi.
Da qui la ricerca sul costume illuminotecnico.




Enjoy!

:)

             I.      INTRODUZIONE

Voi ci credete pazzi. Noi siamo invece i Primitivi di una nuova sensibilità completamente trasformata. Fuori dall'atmosfera in cui viviamo noi, non sono che tenebre. Noi Futuristi ascendiamo verso le vette più eccelse e più radiose, e ci proclamiamo Signori della Luce, poiché beviamo alle vive fonti del Sole. “[1]

Così si presentavano i Futuristi italiani nel primo decennio del XX secolo. Anni che sembrano distanti dal nostro tempo ma che in realtà sono contemporanei a noi più che mai.
La luce dev’essere stata per l’uomo fonte di ispirazione da sempre, vista come qualcosa di ineffabile etereo magico e celestiale, strettamente legata al Sole, fonte di vita umana.
La luce sarà proprio la nostra protagonista.
I Futuristi con la loro arte celebrarono la sinestesia, la totalità dei sensi, l’arte doveva compenetrare, essere un tutt’uno con la vita stessa.
Si doveva incominciare a giocare con il famoso “ciclo freddo” Mcluhaniamente parlando, impiegando un diverso tipo di tecnologia, quella di origine elettrica.
In misura omologa al pensiero di McLuhan, Marcuse con lo scritto Eros e Civiltà, negli intrepidi anni Sessanta riconosce e afferma che il sesso e l’eros, la libido in generale, è per natura morbida, informe, avvolgente, quindi rappresentata in maniera analoga dai flussi di energia che animano i media elettrici.[2]
I dispositivi elettrici diventano così la rappresentazione plastico-visivo della libido.
Se ci interessiamo all’uso del corpo nel contemporaneo, non possiamo non esimerci dal pensare ad un interessante applicazione come il costume, ancora meglio se quest’ultimo è accompagnato da tecnologie che permettono concreti effetti di luce.
Per questi motivi la presente ricerca si estende dai bozzetti futuristi di quel gran anticipatore che fu Depero per arrivare ai giorni nostri, dove il costume illuminato sembra prendere sempre più campo.
Se l’arte contemporanea è stata maestra nell’ibridazione dei mezzi artistici, e già Wagner ambiva all’opera d’arte totale, allora il costume illuminotecnico può a buon diritto essere considerato come una perfetta sintesi di tutto ciò.
Il costume illuminotecnico prevede l’uso del corpo, introduce alla performance e lega a sé campi quali l’arte, la moda, la tecnologia, il design, l’industria e l’ingegneria.
L’arte e l’ingegneria, due anime che apparentemente sembrano non comprendersi, trovano in questo caso uno speciale connubio dove la scienza aiuta l’arte a compiersi esteticamente. L’arte sfruttando le nuove tecnologie può creare prodotti artistici rilevanti per il nostro contemporaneo.
La luce, quindi, diventa l’esatta trasposizione plastico-visivo della libido.
E’ quindi impossibile discernere il bisogno del principio di piacere freudiano[3] dal gioco dell’arte contemporanea.
L’arte gioca con la libido informe trovando il suo corrispettivo nell’uso di neon, luci, led, proiezioni video e tutto ciò che l’immaterialità della tecnologia permette.
E’ giunto però il momento di tracciare una parabola del nostro oggetto contemporaneo, il vestito luminoso, che ci veste di luce e di libido.

          II.      IL COSTUME ILLUMINOTECNICO NEL CONTEMPORANEO

Il costume elettrico, dopo i bozzetti futuristi di Depero, ha dirottato persino in Oriente, in Giappone, con il gruppo Gutai, Atsuko Tanaka nel 1959 esponeva il suo primo Vestito Elettrico. [4]
1984, Jana Sterback, con La Robe espose un vestito in rete metallica e resistenze elettriche che attivate da un sensore si infuocavano all’avvicinarsi dello spettatore. Imponendo il principio di interazione. Interazione che sarà uno dei maggiori e più importanti tratti dell’arte contemporanea, decisa alla creazione dello spett-attore.
Sempre di più la luce sta entrando nella sfera quotidiana, non si limita più a performance o eventi artistici, all’extraquotidiano.
Ad esempio Lumigram e Luminex oggi producono tessuti in fibre ottiche. Oggi la produzione di abbigliamento illuminato sta invadendo anche l’area del solo uso personale, non occorre essere una star o fare uno qualsiasi spettacolo per poter brillare di luce artificiale.
Lumigram è un progetto di Jaqueline, uno stilista francese.
Dopo diversi anni come capo designer di moda, Jaqueline ha fondato Lumigram per la creazione di collezioni che sono miscela di design, artigianato e tecnologie avanzate, basandosi quindi sull’utilizzo delle ultime tecnologie luminose per creare articoli di moda, abbigliamento, arredamento e lusso. I medesimi articoli sono disponibili per la vendita sul sito dell’azienda.[5]
Appena arrivati sul sito, parole chiave come High Tech Fashion and Decoration e Light for style ci indicano già in buona parte l’orientamento della casa produttrice.
Luminex come Lumigram è il risultato di anni di ricerca per mettere a punto allestimenti teatrali, abbigliamento e arredamento.
Volete effettuare ordini personalizzati?
Enlighted Designs, illuminated clothing by Janet Cooke Hansen fa per voi.
Nel sito di quest’azienda avrete la possibilità di richiedere un abito illuminato personalizzato, un marketing quindi fatto a misura sul cliente.
Sul sito è anche egregiamente illustrato il metodo di design, che tipi di abbigliamento scegliere, come lavarli, in che modo vengono distribuiti led e batterie, prezzi e orari di consegna.[6]
La tecnologia più usata per la creazioni dell’abbigliamento Enlighted è sicuramente quella led. I LED sono una forma di semiconduttura che emettono luce quando una bassa tensione viene applicatali, sono un’ottima scelta per l’abbigliamento perché sono piccoli, relativamente durevoli, emettono sufficiente luce senza emanare eccessivo calore a differenza delle lampadine a incandescenza vecchio stile. Esistono vari tipi di led, vari colori a seconda della richiesta.
Sull’interno del tessuto il LED sarà saldato ad una rete di fili sottili di collegamento flessibili facenti parte di un gruppo di batterie e interruttori di alimentazione.
Sono disponibili anche EL wire  e pannelli elettroluminescenti.
L’EL wire è più simile al neon fornendo l’aspetto di una linea uniforme incadenscente, è costituito da un nucleo centrale di rame rivestito con un fosforo, sigillato in una guaina di plastica.
L’Enlighted è capace di installare queste tecnologie su ogni tipo di abbigliamento, da tute, giacche, pantaloni, giubbotti, t-shirts, cappelli, guanti, reggiseni, bikini, abiti, gonne, cravatte e così via.



Janet Cook Hansen è presidente e ingegnere dell’Enlighted, ha saputo coniugare moda, arte e tecnologia. Iniziò a cucire dall’età di sette anni e piano piano iniziò a incorporare l’elettronica con esiti interessanti. Con quasi quindici anni di esperienza, si può ben definire uno dei designer di abbigliamento illuminato più prolifico al mondo.
la Hansen
Non a caso il logo dell’Enlighted rappresenta il simbolo orientale delle due energie vitali e dicotomiche per eccellenza, lo yin e lo yang.[7]
Mary Huang designer californiana, lavora per il progetto Rhyme & Reason e crea abiti in tecnologia LED, prevalentemente bianchi, per un total white leggero e luminoso.




Ricordano vagamente le installazioni in polistirolo e neon dell’artista giapponese Yoshiaki Kaihatsu.[8]

Vestiti così che sembrano smaterializzati, l’esplorazione della luce come materiale per una moda “trasformativa”, abiti che sono stati recentemente utilizzati  per una performance di danza a New York.[9]
“Benedetta sia l’elettroluminescenza” così esordisce una giornalista scrivendo un pezzo su un’altra designer. Vega Wang lasciando Central Saint Martins College of Art and Design di Londra ha sfoderato una collezione-tesi inglobando l’haute couture e technofashion.
Si tratta per cui di vera e propria Technocouture.


Into the deep è il nome della creazione, un vestito che vanta un sofisticato sistema LED che illuminandosi ci dona l’immagine di un cavalluccio marino o un iguana ripiegata su se stessa. Immagini fluide che ci rimandano al concetto di softness e di informe del nostro caro Marcuse.
Interessante il soggetto dell'ispirazione della collezione, in un'intervista rilasciata a Project Creators, Vega Wang racconta che dopo aver visto un dvd della BBC Deep Blue, rimase colpita dal dato che soltanto dal 2002 la tecnologia ha permesso di esplorale 4000-5000 metri le profondità del mare, dove non c'è assolutamente luce solare ed esistono creature che creano luce propria dal fondo del proprio corpo verso l'alto. Dopo questa visione quasi mistica e suggestiva, la Wang ha voluto ricreare tutto ciò nella propria collezione. Figlia di due genitori ingegneri elettronici ha preso spunto dal suo collega Hussein Chalayan che nel 2007 ha creato abiti luminosi. La Wang però non ha usato i LED, bensì gli EL[10], cavetti elettroluminescenti molto sottili, utilizzati anche nei cruscotti delle automobili.
Proprio il già menzionato Chalayan dopo aver vinto per ben due volte il prestigioso titolo di “Designer dell’anno”, talento poliedrico, regista, musicista, stilista d’avanguardia, ha proposto abiti che si muovono in maniera autonoma simulando il vento, cappelli luminosi a forma di ufo, e vestiti luminosi che usano tecnologie innovative.[11]
Un design che si esprime quindi tra arte e tecnologia, tra corpo e macchina.
Nel 2009 Renato Geraci per la maison G.H. Mumm, ha realizzato abiti luminescenti in fibra ottica per una Wearable Technology. Abiti dall’effetto tecno-retrò, mescolano tecnologia e tagli vintage.[12]
Negli ultimi anni Carolina Ciuccia, artista italiana, ha pensato ad un istallazione comprendente dei panni luminosi, stesi.



Una sorta di ready-made del bucato steso, panni fluttuanti e giocosi, morbidi, simbolo di un gesto quotidiano, un gesto con il quale l’uomo moderno interagisce con l’ambiente favorendo della sua energia, come quella solare.[13]
Di grande impatto visivo da sembrare graffiti a neon in movimento, la compagnia di ragazzi Giapponesi Wrecking Crew Orchestra, danzano a ritmo di musica elettronica, unendo il binomio ritmo e luce proposto nel secolo scorso da Loie Fuller. [14]



Danza, performance, tecnologia, luce e musica si trovano nuovamente fuse.
Nella contemporaneità tutto ritorna in forma di ripetizione differente, concetto tanto caro nel pensiero dell’arte contemporanea di Barilli.[15]
Altro grande pioniere della tecnologia indossabile è sicuramente la società di moda CUTECIRCUIT con sede a Londra; fondata nel 2004 è stata la prima azienda a mettere i LED sul red carpet con abiti couture , e la prima a vendere “moda illuminata” in negozi come Selfridges.
I capi sono disegnati dai designer Francesca Rosella  e Ryan Genz, L’italiana Rosella ha lavorato in Italia per Valentino, Genz è invece artista, antropologo e Interection Designer.
CuteCircuit utilizza materiali tecnologicamente avanzati, processi di produzione etica e pulita.
La tecnologia utilizzata nelle vesti è del 100% RoHS compliant, questo significa che non sono presenti sostanze pericolose nei prodotti e che sono esenti da piombo e mercurio puri, e sono sicuri di indossare. I tessuti utilizzati sono certificati Oeko Tex, testati, quindi per la sicurezza e prodotti senza sostanze nocive. 
Recentemente hanno realizzato per la cantante italiana Laura Pausini una gonna in LED lunga 4,5 metri, quattro giacche per il tour della leggendaria rock band U2 e uno splendido costume bianco adornato di migliaia di LED e Swarovski per Kate Perry.




Per quest’ultima hanno creato un altro meraviglio abito da sera per il galà del Met nel 2010, con 3000 led luminosi, very chic.
Una delle creazioni più famose rimane il Galaxy Dress, costituito da 24.000 led ultrapiatti, circuiti extra sottili, ricamati a mano su uno strato di seta. Progettato per funzionare con un numero di batterie da iPod in modo che l’effetto luminescenza possa durare almeno trenta minuti per chi lo indossa.[16]
L’abito luminoso sembra proprio essere spopolato tra le pop star, Kate Perry, i Black Eyed Peas, poteva mancare Rhianna?



Moritz Waldemeyer nel 2010 ha creato per la cantante un vestito di led rossi.
Proprio Waldemeyer ha creato abiti luminosi e sovente utilizza tecnologia led nelle sue installazioni.
Anche lui ingegnere e designer è attratto dalla tecnologia e della sua applicazione al campo della moda. Ha lavorato per la Philips, collaborato con Swarovski e Chalayan.[17]
Interessante è scoprire poi che la techno fashion può risultare anche ecologica.
Come? Un vestito LED per scoprire quanto è inquinata l’aria.
Climate Dress può rilevare quantità di CO2 nell’aria. L’abito è stato ideato dall’azienda danese Diffus, grazie a centinaia di LED può a colei che lo indossa e chi le sta intorno, segnalare quando l’aria raggiunge livelli di inquinamento critici, il tutto illuminandosi.[18]
Per i cinema addicted esiste un vestito LED molto speciale.



Il Little Slide Dress di Emily Steel, costruito con pellicole film e sistema LED.
Secondo la designer:

Il vestito trae ispirazione da film classici e dalla 'magia del cinema' per creare un pezzo da indossare di tecnologia e arte ... la luce è così importante per la creazione e la visualizzazione delle immagini [nel film] e questo era una delle forze trainanti del vestito della creazione. Con la pellicola [noi] possiamo vedere ciò che accade una volta che le luci si spengono. Per far funzionare tutto questo ci deve essere un equilibrio di luce proiettata e ambiente, qualcosa che il Little Slide Dress tenta di emulare.

Un video su Vimeo ci mostra come anche l’oriente luccichi di led, si tratta di un kimono led.
Durante la sua performance al New York Electronic Arts Festival la figlia di Miya Masaoka, Mariko Masaoka Drew ha esibito il kimono led in grado di rispondere alle condizioni musicali, fisiche, visive.
Miya Masaoka - musicista, compositore, sound artist - ha creato opere per koto e l'elettronica, Laser Koto, registrazioni sul campo, laptop, video e partiture scritte per ensemble da camera, orchestre e cori misti. Nelle sue opere ha indagato il suono e il movimento di insetti, così come la risposta fisiologica delle piante, il cervello umano e il suo corpo.
All'interno di questi contesti diversi il suo lavoro indaga le prestazioni interattive, aspetti collaborativi del suono, l'improvvisazione, la natura e la società.[19]
Ritorna in auge nuovamente il concetto di ritmo e luce di Loie Fuller.
Atsuko Tanaka sarebbe contenta.
Dal taglio decisamente futuristico l’abito PolyPhotonix con OLED di Gareth Pugh del 2009.
Con pannelli OLED e celle solari l’abito è stato pensato per occasioni natalizie, una neve luccicante, dal taglio spigoloso, sfila così in passerella, dall’immagine più che suggestiva.[20]



Merita attenzione anche il Life Dress di Elizabeth Fuller, che ha utilizzato “dragon skin” , piastrelle led illuminanti a seconda che si tratti di “vivi” o di “morti”.


Tutti questi esprimenti tecnologici ci dimostrano come anche sul sito della Fuller è scritto che:

Abbiamo un bisogno di interazione anche solo per sopravvivere.

Interazione che è la vera luce dell’arte e dell’era contemporanea.


       III.      CONCLUSIONE

Arte e scienza tecnologica sembrano così due gemelle dalle anime diverse che però in maniera complementare proprio come lo yin e lo yang rappresentano l’aspetto della contemporaneità.
E’ importante sottolineare anche quanto l’artista sia anticipatore con la propria sensibilità di qualcosa che troverà maggiore spiegazione nel futuro, come nel caso della danzatrice Loie Fuller, che già nel secolo scorso aveva intuito sperimentando nelle proprie performance il binomio ritmo e luce.
Ritmo che sembra rappresentare l’antico flusso vitale umano, il ritmo che scandisce il nostro tempo e spazio, un concetto nato con l’uomo; la luce, trasposizione plastico-visivo della libido ripresa negli anni sessanta da Marcuse.
Interessante quindi è capire che l’uomo ha avuto, nel corso degli anni, il bisogno di rappresentare ciò, attraverso l’arte e inequivocabilmente attraverso la tecnologia.
Ritmo e luce che si fondono quindi in un’idea di ritmo vitale, l’opposto della morte, ed ancora ci ritroviamo di fronte a un pensiero dicotomico, proprio dell’era contemporanea, perché non ci potrebbe essere interazione senza confronto tra le diversità.


Si ringrazia Charlotte Ossicini per il contributo.



[1] Tratto dal “Manifesto Tecnico dei pittori futuristi”, 1910, Boccioni, Carrà, Russolo, Balla, Severini; cfr. www.futurismo1.com
[2] Herbert Marcuse - Eros e civiltà - Einaudi 1964 (ma uscito negli Stati Uniti nel 1955)
[3] Quando Freud illustra il principio di piacere, in genere, lo contrappone al principio di realtà, considerandoli due poli opposti e fondamentali nella regolazione dei nostri atti. Cfr. Al di là del principio di piacere, Sigmund Freud, 1919
[4] Fabriano Fabbri, Sesso Arte Rock’n’roll, Atlante, Italia, 2006 Cfr. p. 120
[5] Cfr.  www.lumigram.com
[6] Cfr. www.enlighted.com
[7] Simboleggiano l’unione di forze contrapposte in un insieme equilibrato. Combinano varietà di opposti: divertimento e funzione, arte e tecnologia, moda e ingegneria. Sostituendo i punti tradizionali con rettangoli indicativi di una presa elettrica negli Stati Uniti, l’azienda ha reso il tutto più simile ad una e, per enlighted . Cfr. www.enlighted.com
[8]Fabriano Fabbri, Lo zen e il Manga. L’arte contemporanea giapponese, Bruno Mondadori, Milano, 2009 Cfr. p. 159
[9] Cfr. www.rhymeandreasoncreative.com
[10]  Cfr. http://thecreatorsproject.com/en-uk/creators/vega-wang/media/285
[11] Cfr. http://www.thecreatorsproject.com/videos/moritz-waldemeyer/media/hussein-chalayan-explains-the-making-of-the-crystal-laser-ss-dresses
[12] Cfr. http://www.pambianconews.com/g-h-mumm-si-ricama-sugli-abiti-luminescenti-di-renato-geraci/

[13] http://carolinaciuccio.wordpress.com/tag/abiti-luminosi/

[14] La ballerina americana Loïe Fuller (1862 - 1928) è diventata famosa in Europa e negli Stati Uniti per il suo lavoro che ha aperto la strada alla creazione di nuove forme di danza. Nelle sue performance, si è trasformata in fiori, uccelli, fiamme, farfalle e falene, proiettando turbinii colorati di luce su fluenti costumi di seta sovradimensionati, spostati da bastoni nascosti. 
[15] Renato Barilli, Scienza della cultura e fenomenologia degli stili, Bononia University Press (collana Icone), 2007
[16] Cfr. http://www.cutecircuit.com/category/collections/

[17] Cfr. http://www.thecreatorsproject.com/creators/moritz-waldemeyer/media/led-dress

[18] Cfr. http://www.ecoblog.it/post/9543/un-vestito-a-led-per-scoprire-quanto-e-inquinata-laria
[20] cfr . http://gadgether.com/oled-dress-design/


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